Sestu, spinte contro un ragazzino da parte di coetanei “più robusti”, interviene una mamma: “Ho urlato loro di smetterla subito”. L’episodio, accaduto ieri sera, è stato raccontato pubblicamente dalla donna, la quale ha ricevuto tanti consensi da parte dei suoi concittadini. “C’era un gruppo di ragazzini ( più o meno avranno avuto 11/12 o 13 anni) che scherzavano tra di loro ma ad un certo punto due di questi, più alti e robusti, hanno iniziato a prendere a spinte uno più piccoletto e mingherlino spingendolo verso la parete laterale, mentre una ragazzina con il cellulare in mano rideva e sembrava stesse riprendendo la scena.
Io mi son avvicinata, a quel punto i ragazzini hanno smesso e il più mingherlino, visibilmente arrabbiato e infastidito, ha detto ai due che cercavano di sminuire la cosa, che avevano rotto e che la dovevano smettere di dargli sempre spinte” spiega la donna.
“Ragazzate”, “stavano giocando” sono alcune reazioni, ma la maggior parte delle persone intervenute hanno espresso un commento favorevole verso il gesto della donna.
Troppi infatti gli episodi in cui il bullismo si trasforma in qualcosa di più serio e pericoloso, una piaga da combattere anche attraverso la prevenzione e la non indifferenza da parte di chi assiste. Questo non potrebbe essere uno di quei casi, ma per scrupolo chi ha notato quanto accaduto non ha esitato ed è intervenuto prontamente per far capire che certi gesti e comportamenti non vanno bene. “Pure io tempo fa ho assistito a una storia del genere e sono stata presa a parolacce” racconta un altro genitore, “avevo pure avvisato in varie chat dell’accaduto, la risposta dei genitori è stata “STAVANO GIOCANDO”. Tu giochi e non picchi e riprendi con il cellulare e la faccia del ragazzino spintonato non era di uno che si divertiva.
Purtroppo viviamo in un’era in cui non capiscono i veri valori.
L’amicizia, parola importante, l’amico che ti difende, l’amico che ti sta vicino, l’amico che non ti tradisce.
Non esistono più questi valori, e la colpa, molte volte, è in primis dei genitori e poi della società in cui viviamo”.












