Parte dai banchi dei Consigli comunali di Sassari e Cagliari la mobilitazione contro la proposta di legge regionale sul suicidio medicalmente assistito. A promuoverla sono i consiglieri Alessandro Ponti (Sassari) e Roberto Mura (Cagliari), che hanno lanciato il “Manifesto per la Vita”, già firmato da numerosi parlamentari, consiglieri regionali e amministratori locali di tutta la Sardegna. “Lontani da qualsiasi ideologia – spiegano i proponenti – vogliamo riportare al centro del dibattito politico il valore della vita, soprattutto nei momenti di maggiore fragilità. La proposta di legge sul suicidio assistito propone una soluzione illusoriamente semplice alla sofferenza, ma elude le vere responsabilità della politica: rafforzare il sistema di cura, sostenere i malati e le loro famiglie, garantire dignità fino alla fine”. L’iniziativa punta a creare un fronte largo e trasversale, capace di far arrivare in Consiglio regionale una posizione condivisa e radicata nei territori. Le adesioni crescono di ora in ora: amministratori di diverse appartenenze si riconoscono in un documento che mette in luce le criticità dell’assistenza sul fine vita in Sardegna. Tra i nodi principali, il potenziamento degli hospice e l’accesso equo alle cure palliative per tutte le fasce di reddito. Sul modello “Ritornare a casa”– indicato come best practice a livello nazionale – gli estensori chiedono più risorse e un rafforzamento strutturale. “La priorità dev’essere costruire una sanità che accompagni – aggiungono i promotori – non una legge che, nei fatti, legittimi l’abbandono istituzionalizzato. La sofferenza non si risolve eliminando chi soffre, ma prendendosene cura”. Il Manifesto insiste su un punto: l’urgenza di investire in servizi e sostegni concreti piuttosto che in “scorciatoie legislative”. “Chiediamo che la Regione ascolti la voce dei territori – concludono Mura e Ponti – e apra finalmente un confronto serio e non ideologico sul potenziamento delle strutture sanitarie, la creazione e il potenziamento degli hospice, e il sostegno concreto alle famiglie con progetti come il “Ritornare a casa”. Non c’è bisogno di una legge per morire, ma di politiche per vivere con dignità, anche nella sofferenza”. Con questo appello, i promotori mirano a spostare il baricentro della discussione dal tema del “diritto a morire” a quello, ritenuto più urgente, del “diritto a essere curati”, aprendo un dibattito che coinvolge istituzioni, operatori sanitari e cittadini sull’intero territorio sardo.










