L’arrivo in Sardegna di 120 detenuti provenienti dal carcere romano di Regina Coeli, dopo il crollo di parte del tetto di una sezione dell’istituto, riaccende il dibattito sulla gestione del sistema penitenziario nell’isola. A denunciarlo è Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme, che parla di una “decisione ingiustificata e dannosa, capace di aggravare una situazione già al limite”.
Secondo Caligaris, “l’assenza di una presa di posizione da parte delle istituzioni regionali rischia di essere letta come un tacito consenso a un’ennesima imposizione del ministero della Giustizia”. L’esponente di Sdr sottolinea come “le carceri sarde siano ormai oltre la soglia di tolleranza, con un sovraffollamento che mette a rischio i diritti dei detenuti e la sicurezza del personale”.
Dati sindacali confermano la gravità del quadro: dei 120 nuovi arrivi, 60 sarebbero stati assegnati tra le strutture di Bancali e Alghero, 31 a Massama e 26 al penitenziario di Cagliari-Uta. Le percentuali di sovraffollamento, riferisce Caligaris, restano elevate: 134,2% a Uta, 126,2% a Bancali, 125% ad Alghero e 110% a Oristano. Inoltre, la capienza regolamentare complessiva in Sardegna è scesa a 2.348 posti, a causa di 231 celle non utilizzabili per problemi strutturali.
“La gestione emergenziale e l’assenza di un piano di lungo periodo – conclude Caligaris – mostrano ancora una volta il disinteresse del ministro Nordio verso le esigenze dell’isola e il peso nullo delle interlocuzioni istituzionali. È inaccettabile che la Sardegna continui a essere trattata come una discarica penitenziaria del Paese”.











