Ogni mese 74 sardi su 100 devono tirare fuori soldi per curarsi. Perché il sistema sanitario pubblico, quello che dovrebbe garantire a tutti, ma proprio a tutti, assistenza gratuita che in realtà gratuita non è perché è profumatamente pagata con le nostre tasse, non funziona. Saldamente in mano al Partito sardo d’azione attraverso l’assessore Doria, così come in mano ai sardisti sono gli ancor più fallimentari trasporti, la sanità certifica con i numeri tutto il suo disastro nell’isola. I numeri sono impietosi: costretti a ricorrere alla sanità a pagamento, ventimila famiglie non possono permettersi di curarsi. Devono rinunciare non solo a cibo e abbigliamento, ma addirittura alle cure sanitarie.
Il dato, inquietante almeno quanto inaccettabile, emerge da una ricerca universitaria della Lumsa. Nonostante i tre capisaldi su cui si basa la sanità pubblica siano estremamente chiari: universalità, ovvero prestazioni sanitarie a tutta la popolazione; uguaglianza, prestazioni del Ssn senza nessuna distinzione di condizioni individuali, sociali ed economiche; equità, a tutti i cittadini deve essere garantita parità di accesso in rapporto a uguali bisogni di salute.
Invece, nell’isola pur di salvarsi si ricorre sempre più al privato. Tranne le 19.363 famiglie che, arrese al sistema pubblico che è a pezzi, rinunciano a curarsi perché non hanno soldi. Con le sue oltre 11mila famiglie alla soglia della povertà, la Sardegna è ancora una volta oltre la già triste media nazionale.












