Tumori, leucemie e malattie respiratorie che colpiscono la popolazione, benzene e polveri sottili oltre i limiti per centinaia di giorni l’anno, torce della raffineria accese senza sosta per cinque anni: a Sarroch prende forma un quadro sanitario e ambientale devastante. È quanto emerge dall’inchiesta della Procura di Cagliari, che parla di “conseguenze gravi e dannose per la salute pubblica” e porta a processo dirigenti e responsabili della Sarlux con accuse pesantissime, dal disastro ambientale all’ostacolo ai controlli. Sotto la notizia, il fiume di commenti dei cittadini racconta l’amarezza e la rabbia di un territorio che da anni denuncia la propria condizione. C’è chi ricorda come la promessa di sviluppo industriale si sia trasformata in un incubo: “Finalmente qualcuno ha coscienza e interviene… Tre paesi sotto scacco per questa illusione industriale. La benzina costa più cara ai sardi nonostante ci sia la raffineria Saras. Hanno illuso le nuove generazioni di poter fare un lavoro migliore dell’agro-pastore che stavano ereditando dai genitori e dai nonni, oltre alla pesca. Dopo anni, tutta la comunità, da Sarroch a Villa San Pietro, passando per Porto Columbu a Perd’e Sali fino ad arrivare a Pula e Nora, si ritrova malata o con patologie congenite dovute all’inquinamento della cara famiglia Moratti Spa. Menomale che, dopo lo scudetto del Cagliari, costoro dissero: ‘I sardi pagheranno la benzina come pagano oggi l’acqua’. Stiamo parlando degli inizi degli anni ’70”. La disperazione di molti emerge con forza, fino a invocare soluzioni drastiche: “Bisogna far evacuare tutto il paese. Le istituzioni devono dare alle persone una casa e la possibilità di vivere da un’altra parte, perché continuare a vivere in quel paese non è più possibile. Troppe persone si ammalano”. Altri sottolineano come l’impatto non si fermi ai confini comunali: “L’odore si sente fino a Villa San Pietro”. E c’è chi porta testimonianze personali, legate al lavoro dentro la raffineria: “Mio marito ha lavorato allo sportello della banca all’interno della Saras ed è morto con una grave patologia tumorale rara”. Molti parlano di un silenzio colpevole e di una priorità data al denaro: “Chi doveva tutelarci ha taciuto. Quando i soldi valgono più di una vita… iniziate da chi lavorava per poi morire”. Una sensazione condivisa da più voci, che leggono in questa vicenda la conferma di un sistema sbilanciato:










