“La nostra eccellenza è sottopagata, sottovalutata ancora una volta”. La rabbia di chi non conosce ferie e orari di lavoro bensì segue le esigenze delle colture, di un lavoro sotto il sole e la pioggia che inizia all’alba e non finisce nemmeno al tramonto. L’appello degli agricoltori: “Continuare così è difficile, le categorie devono intervenire altrimenti si rischia di non coltivare più il grano. Non conviene, se recuperiamo le spese sostenute sarà già tanto”.
80 euro a quintale è l’onere di chi nei primi mesi dell’anno semina il grano. Ora le spighe dorate sono pressoché pronte per la mietitura, sono gonfie, quest’anno, la siccità non ha inferto un duro colpo come il precedente anno ma ci ha pensato la quotazione che è di 26 euro al quintale. “Per avere qualcosa di buono in tasca dovrebbero pagarci almeno 40 euro a quintale – spiegano alcuni coltivatori diretti – noi tra l’altro siamo ulteriormente penalizzati poiché dobbiamo rispettare un rigido protocollo che vieta l’uso di alcuni componenti per combattere parassiti e malattie che colpiscono i prodotti della terra. Paradossalmente certe importazioni, compreso il grano, sono prodotte con sostanze da noi assolutamente proibite”.
Non solo: “Verso dicembre verrà pagato il nostro grano, noi invece dobbiamo versare gli oneri nel momento in cui acquistiamo la semina. Non è giusto. Il nostro lavoro, il nostro raccolto ancora una volta non è valorizzato come dovrebbe essere. Se niente dovesse cambiare c’è il rischio che il prossimo anno non si coltivi più il grano”.












