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Ponte Genova, il pompiere sempre in prima linea: “Ho scavato con le mani, un incubo”

di Redazione Cagliari Online
16 Agosto 2018
in rubriche

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Ponte Genova, il pompiere sempre in prima linea: “Ho scavato con le mani, un incubo”

Quelli come lui li riconosci dagli occhi – stanchi ma concentrati sull’obiettivo – e dal passo svelto, quasi di corsa. “Là sotto è l’inferno, chi dorme stanotte?”. Giovanni Patroni, 54 anni, vigile del fuoco delle squadre Usar Lombardia ( Urban search and rescue ) è l’uomo delle tragedie. Oggi il ponte Morandi dell’A10 a Genova, il 6 agosto l’apocalisse sull’A14 a Bologna. È stato tra i soccorritori di Amatrice, ormai sono due anni dal terremoto. Ha recuperato i poveri morti di Rigopiano, l’hotel travolto dalla valanga sul Gran Sasso, era il 18 gennaio dell’anno scorso. La prova più dura, confida.

Voi, squadre specializzate in ricerca e soccorso.
“Cerchiamo sotto le macerie. Oggi, da questa parte del ponte abbiamo individuato due morti, credo lavorassero nell’azienda rifiuti, erano sui furgoncini che raccolgono l’immondizia. Noi segnaliamo, poi arrivano i colleghi per portare via le salme”. Indica un punto alle sue spalle, lo sguardo racconta l’orrore e la pietà. Sono le sette di sera, un poliziotto chiede a tutti di allontanarsi, un elicottero ha appena sorvolato il ponte, passano le ore e con la folla di curiosi sembra aumentare il rischio di crolli.

Scavate a mano.
“Sì (guarda i guanti neri, polverosi come quelli da cantiere, ndr ). Anche, facciamo come si può. Abbiamo una zona delimitata, siamo divisi in squadre di 4-5 persone. Una delle vittime che abbiamo trovato era in una cabina schiacciata, si comincia a tirar via i massi e si prosegue”.

Il primo pensiero, quando è arrivato.
“Un disastro. Mi sono detto: c’è da lavorare. Ma ci mettiamo il cuore”.

Fa una pausa, dice come parlasse a se stesso.
“Non so quest’anno cosa stia succedendo… Abbiamo iniziato il 6 gennaio con Brescia, sono morte sei persone, eravamo di turno anche quel giorno. Montirone, c’era la coda, un camion cisterna ha tamponato un altro camion e una vettura”.

Ricorda l’inferno di Bologna, una vittima, poteva essere una strage. Ha il volto tirato.
“Sono in servizio dalle otto di stamattina. Un po’ stanco ma andiamo avanti. A oltranza. Ci daranno il cambio domani, immagino. Devo fare la notte”.

Testimone di cose che non si possono dimenticare.
“Faccio questo lavoro da ventotto anni, ormai è una missione. Non è che poi non ci pensi, quando torni a casa. Anche oggi ero in servizio, ho telefonato alla moglie, ciao non so quando torno. Quel che vedi ti rimane dentro”.

Ogni volta disastri, morti, polemiche.
“La peggiore di tutte per me è stata Rigopiano. Siamo arrivati la domenica, per giorni abbiamo estratto le nove persone che erano nella stanza del fuoco. Secondo me, noi vigili questa missione ce l’abbiamo dentro. E non abbiamo neanche uno psicologo”.

Servirebbe, invece.
“Come squadre Usar, dopo certi interventi ci ritroviamo. Così riesci a buttar fuori le cose. Però sarebbe bello poter parlare con uno psicologo. Invece siamo molto lasciati a noi stessi, tante volte provi rabbia”.

Eppure fate un mestiere durissimo. Il ministro Salvini ha scritto, i vigili del fuoco sono eroi. Lo stipendio…
“Lasciamo stare, non lo fai certo per quello. Dopo ventotto anni prendo 1.500 euro al mese”.

Squilla il telefono, “devo andare”. Già, chi dorme stanotte?

Dal nostro giornale partner Quotidiano.net

Tags: genovaGiovanni PatroniPonte Morandi
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