Prima l’allarme botulino e ora i tredici intossicati dopo aver mangiato tonno in un ristobar. L’episodio ha riacceso i riflettori sulla sicurezza alimentare nei locali cittadini e sui social è scoppiata la polemica. Tanti mettono in discussione l’attività dei cosiddetti “bar-ristoranti”. “Bisognerebbe sapere se questi pseudo ristoranti abbiano davvero i permessi per cucinare come in un vero locale. A Cagliari è pieno di bar che esercitano abusivamente senza autorizzazioni. Mi meraviglio come tanta gente vada a mangiare in questi posti”. C’è chi richiama direttamente l’attenzione delle autorità sanitarie: “Dopo i morti di questa stagione, un controllo più massiccio da parte dell’Asl sugli alimenti e sull’HACCP, no?”. Sul rispetto delle regole di igiene e sicurezza non ci sono dubbi: “HACCP non è un consiglio, non è un favore, è un obbligo. Il mancato rispetto del manuale di autocontrollo è una violazione grave. Lavorare in cucina significa assumersi una responsabilità enorme: la salute pubblica. Non è ‘fare da mangiare’ e basta, è scienza, tecnica e disciplina”. Tra i commenti emergono anche critiche sulle verifiche quotidiane: “Figuriamoci se molti compilano le tabelle giornaliere obbligatorie, riguardo a temperature e cotture. Molti non sanno neanche cosa siano”. E ancora, chi racconta esperienze dirette: “Qualcuno di voi è mai entrato in una cella frigorifera di un ristorante? Io sì, in due locali diversi: puzza di marcio, sporcizia, pesce surgelato sopra prosciutto cotto aperto. Un disastro”. Non mancano i richiami al rispetto della catena del freddo: “Il pesce va conservato bene. Non è che vai a fare la spesa a 40 gradi e lasci le buste in macchina per un’ora. Anche il tonno in scatola o vetro, una volta aperto, va consumato subito o entro due giorni, non si lascia a stagionare”. Diverse voci concordano: “Dovrebbero fare più controlli”. Altri aggiungono che la vicenda potrebbe essere riconducibile a una sindrome sgombroide, “causata da un’interruzione della catena del freddo che favorisce lo sviluppo di istamina”. C’è chi denuncia episodi analoghi: “Sono certo che se intensificassero i controlli almeno la metà dei locali chiuderebbero. In troppi si sono improvvisati”. “In un ristorante tipico mi hanno servito del tonno puzzolente. Nonostante lo avessimo fatto notare, hanno continuato a portarlo agli altri tavoli”. Il concetto di responsabilità è ribadito con forza: ‘Chi somministra alimenti e bevande deve conservarli in maniera idonea, secondo normative precise, e buttarli quando sono deteriorati. È una questione di salute pubblica”. E infine, chi ricorda esperienze di intossicazione particolarmente gravi: “Quasi tre anni fa, in un locale di sushi, mi servirono pesce caldo senza ghiaccio, tonno troppo scuro. Tornata a casa, dolori fortissimi e corsa al pronto soccorso: il mio corpo si è riempito di rash cutaneo, la pressione è crollata e hanno dovuto intervenire con cortisone, antistaminici e perfino adrenalina”.










