Senza casa, senza vestiti e senza documenti. Shafqat Ali e il suo coinquilino, pakistani di 35 e 30 anni, in città da 5 anni, dopo la fuga dall’appartamento dove abitavano nel palazzo lesionato di via Dettori dove abitavano sono nei guai. Sono stati fatti uscire in fretta e furia e ora non possono rientrare per recuperare i documenti, i vestiti e gli effetti personali che hanno fatto in tempo a portar via. Soli, senza occupazione dopo la chiusura dell’azienda di installazione di pannelli solari dove lavoravano, e con pochissimi punti di riferimento in città, per motivi burocratici (stanno aspettando l’esito della pratica per la protezione internazionale e non avevano la residenza registrata) non possono avere dall’amministrazione comunale un alloggio alternativo. Mentre tutte le altre famiglie degli edifici transennati e di alcuni immigrati del Bangladesh sono state sistemate in alcuni hotel cittadini, loro sono rimasti senza casa e si sono rivolti ad Aldo Pintor, avvocato noto in città come “l’amico degli ultimi” per l’impegno sociale speso quotidianamente per aiutare le persone in difficoltà, che ora sta cercando una soluzione per i due pakistani anche attraverso la Caritas. “Per ora abbiamo trovato una sistemazione di fortuna nel quartiere di Sant’Avendrace”, spiega Shafqat Alì, “dormiamo su alcuni materassi. Ma per noi è molto dura, siamo in sofferenza. Speriamo di trovare una sistemazione definitiva il prima possibile”. Anche il vecchio proprietario dell’appartamento sta aiutando i due immigrati a trovare una soluzione.











