Un esemplare adulto adagiato sulla sabbia, notato dai frequentatori del litorale, che ha richiamato l’attenzione anche degli automobilisti di passaggio che si sono fermati per soccorrere l’animale. Il Centro Recupero Cetacei e Tartarughe marine Laguna di Nora: “Abbiamo ricevuto tantissime segnalazioni e richieste di intervento”. Non era viva la povera tartaruga soccorsa da decine di persone tre giorni fa, in tanti hanno sperato che quel bellissimo esemplare https://www.castedduonline.it/capoterra-una-caretta-caretta-gigante-in-fin-di-vita-soccorsa-dai-bagnanti/ potesse nuotare, ancora, ma così, purtroppo non è: “Era già morta da circa una settimana” spiegano gli esperti che si prodigano per il benessere delle tartarughe marine, “era adulta e le cause della morte non si conoscono ancora”. Potrebbe essere annegata, chissà, oppure aver ingoiato plastica o un amo. Oppure una morte avvenuta per cause naturali: tante le supposizioni quante le situazioni di pericolo che mettono a rischio una delle specie che popola il mare sardo, ammirata e protetta anche grazie alla grande campagna di sensibilizzazione e informazione messa in atto a tutela della Caretta carretta. Questo è stato dimostrato anche dalla sinergia di forze che ha abbracciato l’esemplare spiaggiato (le immagini pubblicate sono state scattate e pubblicate sui social da chi si è avvicinato alla tartaruga). Nessuno si è voltato, anzi, sono stati avvisati gli esperti che, in pochi minuti, hanno raggiunto la spiaggia. La carcassa è stata rimossa e non è stata disposta l’autopsia, si attende solo la relazione ufficiale sull’accaduto. Se fosse stata rinvenuta ancora in vita, il Centro Recupero l’avrebbe accolta e curata, riabilitata per poi restituirla al suo mare, come accadrà per Monica, il bellissimo esemplare che nuota in una delle vasche di accoglienza del centro situato nel cuore della Laguna di Nora. È stata recuperata a Golfo Aranci a novembre e, come la sua “collega” recuperata all’interno del porto della Marina di Stintino, a maggio, e curata dal Crama, ha una pinna anteriore amputata. Non appena terminerà il periodo di degenza, verrà rimessa in libertà: per ora trascorre le sue giornate nella grande vasca, ben sorvegliata dagli operatori, attenti e scrupolosi, che accolgono i visitatori della Laguna ai quali, con gentilezza e professionalità, viene spiegata la vita degli abitanti del mare. “Il nostro Centro si occupa dal 1993 del recupero di esemplari di delfini e tartarughe marine feriti che dopo le adeguate cure vengono restituiti al mare” si legge nell’opuscolo informativo. La Caretta caretta “è la più piccola delle Tartarughe marine (110 cm di lunghezza e un peso di 180 Kg). Si nutre di vari tipi di organismi quali meduse, aragoste, granchi, gamberetti, numerose specie di molluschi e varie specie di pesci. È l’unica specie che depone sulle coste italiane: estremo sud e Isole Pelagie.
Depone le proprie uova (dalle 50 alle 200 uova) nella sabbia, in una buca profonda circa mezzo metro, nella stessa spiaggia nella quale sono nate.
Le uova hanno un guscio morbido e sono grandi come palline da ping pong. Il sesso dei nascituri è determinato dalla temperatura della sabbia. Con temperature tra i 26-28 °C si ha tra le nascite una netta prevalenza di maschi mentre a temperature maggiori si ha una predominanza di femmine. In altre parole, in un nido le uova più superficiali e quindi più calde daranno origine a femmine, quelle più profonde a maschi.
Appena nati i piccoli corrono verso il mare, la maturità sessuale non viene raggiunta prima dei 10-30 anni e vivono probabilmente circa 80 anni.
Una delle principali cause del declino delle popolazioni di tartarughe, oltre alla scomparsa degli habitat idonei alla nidificazione e all’inquinamento, è la loro cattura accidentale durante le attività di pesca. Ogni anno migliaia di tartarughe restano impigliate nelle reti da pesca morendo spesso per annegamento. Un altro attrezzo da pesca estremamente nocivo è il palamito, composto da un filo lunghissimo (anche 20 Km) al quale sono annodate a intervalli regolari lenze che portano all’estremità un amo con l’esca.
La mortalità in questo caso è dovuta alle lesioni provocate dagli ami e soprattutto dalle lenze che creano blocchi intestinali e setticemie come le buste di plastica, confuse dalle tartarughe con delle meduse e ingerite.
Un altro problema è legato al traffico nautico, infatti spesso le tartarughe entrano in collisione con le imbarcazioni da diporto con conseguenze spesso letali”.











