Non è morto annegato. Davide Calvia è morto per le conseguenze dei traumi sul suo corpo che hanno provocato la frattura di due vertebre cervicali e di diverse costole. Nella relazione che il medico legale Salvatore Lorenzoni ha consegnato alla Procura di Sassari, è specificato che la morte di Calvia è “verosimilmente ascrivibile a un grande traumatismo”.
Nella relazione è spiegato che la vittima indossava una muta e che il suo corpo presentava ferite sulla testa, sulla faccia, oltre alle fratture a due vertebre cervicali e a dieci costole, traumi che il 38enne ha subito quando era vivo compatibili, secondo il dottor Lorenzoni, con una caduta da media altezza contro scogli o con altre imbarcazioni. Calvia, dunque, potrebbe essere stato sbalzato dalla barca finendo sulle rocce a seguito di uno scontro o potrebbe essere stato travolto da un’altra imbarcazione mentre cercava di raggiungere la terraferma dopo il naufragio. O potrebbe, invece, essere stato vittima di un brutale pestaggio.
Per il decesso del 38enne, il sostituto procuratore Lara Senatore ha iscritto nel registro degli indagati il superstite del naufragio, Giovannino Pinna, 35 anni, cugino della vittima, accusato di naufragio colposo, omicidio colposo e furto dell’imbarcazione su cui i due si trovavano. Pinna, che aveva chiamato i soccorsi prima di abbandonare la barca, era stato ritrovato 24 ore dopo l’incidente su una spiaggetta della Marina di Sorso, in condizioni critiche. Interrogato nella caserma dei carabinieri di Porto Torres, che con la Capitaneria sta svolgendo le indagini, il 35enne, difeso dall’avvocato Luca Barrocu, si era avvalso della facoltà di non rispondere.








