Un’odissea, un incubo lungo almeno, stando alle denunce presentate ai carabinieri, “cinque anni”. La prima volta che una 44enne di Monserrato (Roberta, il nome usato è di fantasia) si rivolge alle Forze dell’ordine è il 4 ottobre 2017. La donna racconta di essere vittima di aggressioni, minacce e molestie da parte del cognato. L’ultimo sos l’ha lanciato, sempre con una denuncia, il 3 dicembre scorso: “Ma negli ultimi mesi la situazione non è cambiata, sto vivendo un inferno dal quale non riesco a uscire”. La quarantaquattrenne, lavoratrice stagionale, è sposata e ha un figlio minorenne. Gli incontri con il suo aguzzino sono, purtroppo, quasi quotidiani. “Vive accanto a me. L’ho denunciato tante volte, non è cambiato nulla. Il primo dicembre il portalettere ha recapitato due avvisi di giacenza, uno era di mio cognato”. E lui, “credendo si trattasse di una comunicazione giudiziaria, è subito andato in escandescenza”. Stando a quanto riportato nella denuncia, avrebbe urlato insulti irripetibili nei confronti della donna, “poi mi ha preso per i capelli, strappandomene un grosso mazzo, mi ha strattonata, con una mano mi ha tappato la bocca e mi ha spinta contro un muro, colpendomi con lo spazzolone per lavare il pavimento”. La donna ha chiamato il 113 ed è finita al Brotzu, “dove mi hanno assegnato sette giorni di cure”.
Una lunga spirale di violenza, che coinvolge anche il figlio, minorenne: “Un giorno, mentre era ai giardinetti con degli amici, mi ha chiamato chiedendomi di raggiungerlo perchè lo zio gli aveva lanciato contro un sasso, senza riuscire a colpirlo. Un’altra volta l’ha minacciato di colpirlo con un tubo in plastica”. A oggi, la situazione non è cambiata: “Non posso stare in casa, ho paura di portare mio figlio a scuola, sta facendo un sacco di assenze. Le Forze dell’ordine sono venute, mio cognato è stato condannato, a febbraio, a tre mesi di lavori socialmente utili. Sono stata convocata in tribunale, il 16 marzo 2021, non mi sono presentata perchè mi aveva minacciato che, se fossi andata, non mi avrebbe fatta tornare dentro casa. Sono in attesa della seconda convocazione. Oggi, insieme al mio avvocato, ho firmato un foglio per un nuovo sollecito al giudice: non mi sento sicura, sono stanca di andare in caserma e in questura”.











