Tomaso Cocco resta rinchiuso nel carcere di Uta con le accuse di associazione di stampo mafioso e associazione segreta. Il giudice Lucia Perra non ha accolto le richieste di attenuazione della misura cautelare presentate dalle legali Rosaria Manconi e Herika Dessì: “Siamo delusi”, spiega la Manconi, “speravamo nella scarcerazione del nostro assistito”. Cocco, nelle 407 pagine dell’ordinanza del gip Michele Contini, compare più volte. Ci sono intercettazioni con esponenti della mala orgosolese e nuorese, soprattutto tantissime telefonate con Gabriella Murgia (l’ex assessora regionale dell’Agricoltura ha invece ottenuto i domiciliari). In tutto questo, ci sono stati decini di spuntini proibiti sia al Binaghi, in un locale chiamato la “Casa del padre” del quale solo Cocco aveva le chiavi, sia in un’abitazione lungo la Ss 131. “Non ci sono i presupposti per l’associazione di stampo mafioso”, dice una delle legali di Cocco, Rosaria Manconi. “È un’ordinanza molto preoccupante, rischia di far passare per mafiosi comportamenti che non lo sono. Le nostre motivazioni erano fondate sulle sentenze della Cassazione, in particolare quella di ‘Mafia Capitale’, prendendo spunto dai princìpi che quelle sentenze hanno scaturito, valutando che quei presupposti sussistevano nel nostro caso. L’associazione di stampo mafioso non esiste, non ci sono i presupposti giuridici”. Il giudice, però, ha valutato in maniera diametralmente opposta. “È un’ordinanza molto preoccupante perchè, alla fine, tutti o quasi potremmo finire in un’associazione, si rischia di ricomprendere nell’associazione mafiosa comportamenti che di mafioso non hanno nulla”.
“Cocco è una persona determinata, un uomo che si è fatto da solo e ha lavorato molto, impegnandosi e studiando per arrivare dov’è. È sicuro della sua innocenza, sa che ha posto in essere comportamenti legittimi. È determinato e non si arrenderà certo a questa decisione”. Le motivazioni si conosceranno non prima di quarantacinque giorni. Per un mese e mezzo, quindi, salvo nuovi sviluppi, gli avvocati del primario di Terapia del dolore del Binaghi e dell’ospedale Marino dovranno attendere di avere le carte, prima di imbastire nuove mosse.











