Il primario di Terapia del dolore, Tomaso Cocco, resta in carcere. L’ex assessora Gabriella Murgia, invece, finisce ai domiciliari: sono queste le decisioni del tribunale del Riesame, presieduto dalla giudice Lucia Perra. Al momento si conoscono solo i dispositivi, mentre per le motivazioni il tribunale stesso si è dato il termine di 45 giorni. Entrambi sono accusati di associazione di stampo mafioso e associazione segreta. Sia Cocco (assistito dagli avvocati Rosaria Manconi e Herika Dessì) sia la Murgia (avvocati Enrico Meloni e Carlo Figus) erano stati arrestati lo scorso 27 settembre, al culmine di un’inchiesta portata avanti dai Ros e durata circa tre anni e cha ha portato a trentuno arresti, tra carcere diretto e domiciliari, con un’ordinanza di ben 407 pagine. I legali dei due protagonisti principali dell’operazione Monte Nuovo puntavano, come miglior risultato possibile, alla scarcerazione. O, in alternativa, l’ammorbidimento del provvedimento con il trasferimento ai domiciliari.
“Possiamo dire di essere soddisfatti”, afferma, appena uscito dal tribunale, uno dei due legali di Gabriella Murgia, Enrico Meloni. “Ribadiamo la totale estraneità ai fatti della nostra assistita. Eravamo molto preoccupati che la questione potesse essere confermata, il che avrebbe generato problemi di vita, concreti, anche nell’organizzazione della difesa. Siamo molto contenti della decisione ma riteniamo che sia fondamentale la prudenza. La vicenda è delicatissima. Ora abbiamo più possibilità di guardare alla difesa dagli addebiti mossi con più serenità”. Contrariati, invece, gli avvocati di Tomaso Cocco: “Non ci sono i presupposti per l’associazione di stampo mafioso”, sostiene Rosaria Manconi. “È un’ordinanza molto preoccupante, rischia di far passare per mafiosi comportamenti che non lo sono. Le nostre motivazioni erano fondate sulle sentenze della Cassazione, in particolare quella di ‘Mafia Capitale’, prendendo spunto dai princìpi che quelle sentenze hanno scaturito, valutando che quei presupposti sussistevano nel nostro caso. L’associazione di stampo mafioso non esiste, non ci sono i presupposti giuridici”. Il giudice, però, ha valutato in maniera diametralmente opposta. “È un’ordinanza molto preoccupante perchè, alla fine, tutti o quasi potremmo finire in un’associazione, si rischia di ricomprendere nell’associazione mafiosa comportamenti che di mafioso non hanno nulla. Cocco è una persona determinata, un uomo che si è fatto da solo e ha lavorato molto, impegnandosi e studiando per arrivare dov’è. È sicuro della sua innocenza, sa che ha posto in essere comportamenti legittimi. È determinato e non si arrenderà certo a questa decisione”.










