Macomer, solidarietà negata ai migranti del Centro: congelata la raccolta dei beni

L’Asce: “Abbiamo raccolto 400 euro con una libera sottoscrizione per acquistare schede telefoniche e beni di prima necessità per i migranti. Ma ci siamo scontrati con un muro fatto di silenzi, risposte evasive e complicazioni burocratiche. D’altronde, è questo lo stesso contesto di burocratica indifferenza nel quale vengono costantemente umiliati i diritti alla difesa degli internati”


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

Congelati i beni raccolti per i migranti di Macomer. La denuncia è in un duco comunicato dell’Asce (l’associazione contro l’emarginazione). “Da qualche settimana, complice l’atmosfera sospesa della stagione estiva, il Cpr di Macomer è nuovamente scomparso dall’attenzione pubblica. In mancanza di notizie particolarmente eclatanti provenienti dall’interno, la normalità dell’abuso quotidiano costituita dall’esistenza stessa di un campo di concentramento per migranti cessa di fare notizia, senza un impegno attivo per accendere i riflettori sulla sua esistenza.
Scriviamo questa nota, dunque, per tentare di riallacciare i nodi della mobilitazione portata avanti, tra molte difficoltà, nei mesi scorsi, e riprendere il filo di un discorso che non può esaurirsi, finchè non sarà esaurito il sistema di violazione della dignità umana rappresentato dai campi di concentramento per migranti da deportare, con l’inevitabile clima di violenza, sopruso e omertà che accompagna il funzionamento di queste strutture.
Il 7 luglio ci siamo ritrovati sotto la prefettura di Nuoro per esprimere la nostra contrarietà all’esistenza del Cpr e la solidarietà incondizionata alle persone rinchiuse là dentro.
Ci siamo lasciati con l’impegno di tentare di fare entrare beni di prima necessità e schede telefoniche, per cercare di facilitare i contatti degli internati con l’esterno ed alleviare un minimo la dipendenza dalle scarse (e care) forniture di beni effettuate dall’ente gestore, a questo scopo abbiamo raccolto 400 € con una libera sottoscrizione. Abbiamo svolto i passi necessari presso la prefettura, ma dopo una iniziale (comunque lenta) interlocuzione durante il mese di luglio, e nonostante numerosi solleciti, ci siamo scontrati con un muro fatto di silenzi, risposte evasive e complicazioni burocratiche. Ad oggi questa risposta non è arrivata, e solo il 16 settembre si è riusciti ad ottenere la notizia che la pratica attende ancora l’autorizzazione del Ministero.
É evidente come al muro di cinta sorvegliato da uomini armati si continui a sommare anche uno spesso muro fatto di indifferenza e indolenza burocratica, che rende ulteriormente difficile ogni forma di comunicazione e solidarietà verso l’interno di questa struttura, salvaguardando il pesante clima di omertà istituzionale che la circonda.
D’altronde, è questo lo stesso contesto di burocratica indifferenza nel quale vengono costantemente umiliati i diritti alla difesa degli internati. Non abbiamo cessato di ricevere notizia, infatti, di tutte le insufficienze gestionali della Ors Italia che rendono difficile il lavoro degli avvocati presso il Cpr: dalla mancata comunicazione agli uffici competenti delle nomine di avvocati di fiducia da parte degli internati, all’indisponibilità di mediatori per parlare con gli assistiti. Così come sappiamo delle modalità superficiali con cui si conducono le udienze presso il giudice di pace, non di rado svolte in modalità che non consentono agli avvocati di tutelare in maniera consona il proprio assistito, in un quadro giuridico peraltro già di per sé profondamente lesivo dei diritti della persona migrante.
Permangono, inoltre, tutti i motivi di preoccupazione in merito al rispetto del diritto alla salute fisica e psichica delle persone internate, dovute alla carente assistenza sanitaria, alla totale mancanza di mezzi per occupare il tempo, all’isolamento verso il mondo esterno, alla situazione kafkiana nella quale si ritrovano molti degli internati, imprigionati senza alcuna imputazione, spesso senza avere accesso in maniera chiara alle informazioni sul proprio stato, in una condizione di negazione palese dei diritti fondamentali.
Non abbiamo la minima intenzione di lasciare che la gestione di questo scempio del diritto prosegua in tranquillità e in silenzio. Per questo continueremo a cercare di mantenere viva l’attenzione verso quello che succede nel CPR di Macomer, e continueremo a chiederne la chiusura.  Tutti i CPR devono essere chiusi. Cominciamo da Macomer”.


In questo articolo:


--}}