I loro affetti sono sotto le bombe: genitori, nonni, zii, cugini e amici nella bolgia dell’Ucraina attaccata dalla Russia. Distruzione e morte alle porte dell’Europa, e da Cagliari arrivano le voci delle ucraine che vivono nell’Isola fa decenni e che hanno messo su famiglia, inserendosi nella società sarda e lavorando. Non solo badanti, anzi: l’idea della donna dell’Est che si occupa solo di assistenza agli anziani trova una facile smentita in quelle che sono definibili come le nuove generazioni. Leliya Tsebryk è nata nel sud dell’Ucraina e a Perdaxius ha la sua vita e il suo lavoro: “Faccio l’Oss”, esordisce, stringendo tra le mani un ramoscello di mimose e una bandiera ucraina con la scritta “free Ukraine”. “L’Ucraina, da sola, sta difendendo la pace nel mondo. Certo, ci sono aiuti da Europa e America ma non bastano, in Ucraina ho mio padre, mia sorella, i miei zii e i miei amici. Sto cercando di sentirli ogni giorno”, spiega, ”vivono a Leopoli e Kiev. Mi raccontano della paura, delle bombe e degli attacchi. Putin è un dittatore, lo sanno anche in Russia ma hanno ancora paura. L’Ucraina è insieme a Dio, ma sta mancando l’appoggio reale di Europa e America”.
Yulia Danchuk, trentatré anni, da decenni vive a Capoterra. Sposata con un sardo, lavora nel settore turistico. Ha scritto frasi dell’inno ucraino in in cartello che sventola lungo tutta la manifestazione di Cagliari: “I miei parenti in Ucraina mi raccontano di scontri, hanno tanta paura. Vicino al confine con la Polonia hanno bombardato l’aeroporto e tutti sono rifugiati sottoterra. Chiedo al mondo che ci aiutino, Putin è un dittatore che non si fermerà al nostro paese, le conseguenze della sua guerra riguarderanno tutti. Ho ricevuto solidarietà anche da tanti russi che vivono in Sardegna”. L’Isola che l’ha accolta 20 anni fa: “Qui mi trovo bene, i sardi sono i popolo molto affettuoso che mi sta mostrando tutta la solidarietà possibile”.









