Benito Urgu, a ottant’anni tondi, non ha bisogno di presentazioni. Il comico, cantante e attore nato a Oristano nel 1939 ritorna sui maxischermi con “L’uomo che comprò la luna”, il nuovo film di Paolo Zucca. Ambientato in paesaggi sardi da favola molto noti a Urgu, lo spazio per la metafora di una luna ovviamente deserta e di una Sardegna che sta seguendo le sue orme sembra, purtroppo, reggere: “Sin da bambini si ha il sogno di toccare la luna, a S’Archittu lo spazio sembra lunare. La mia Sardegna oggi è impoverita, molto impoverita. Quando ero bambino non c’era nulla, ho visto crescere, crescere, crescere e poi è arrivata la decrescita”, afferma Urgu. “Le strade oggi sono tutte vuote, non ci sono persone, bambini, chiasso. Si cammina nel silenzio assoluto. Per vedere qualcuno bisogna attendere l’uscita dalla Messa la domenica, ma tutti scappano e rientrano in casa agli arresti domiciliari”.
Certo, un filo sottile di ironia c’è, nelle parole del comico isolano, ma è la tristezza a prevalere: “Non si comunica più, nemmeno col vicino di casa, comandano tutto i cellulari”. Ma l’Isola al centro del mar Mediterraneo è ricca, ancora, di speranza, che va a cementarsi con la natura: “L’aria, quella che ancora non è inquinata, e il poco mare pulito, oltre al carattere caparbio della nostra gente, con i sorrisi che sfoggiamo anche nei momenti di tristezza”. Dopo sessant’anni di carriera, sicuramente non è la tristezza ad albergare principalmente in Benito Urgu: “Io non sono caparbio, di più. E non ho nessun rimpianto, rifarei tutto quello che ho fatto”.








