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In tribunale si è ancora nella fase dell’incidente probatorio, ma Roberta Mamusa è netta: “Sono molto angosciata, nessuno mi riporterà Manuel. Oggi è il suo compleanno, avrebbe compiuto trentasei anni se non l’avessero ammazzato, per noi è una giornata dolorosa anche per tutto ciò che sta emergendo. Non vinciamo nulla, la nostra vita vuota è e vuota rimarrà, ma come genitore devo ridare dignità a mio figlio, gli hanno gettato fango addosso chiamandolo mostro e diavolo. Lui era dolcissimo, non incline alla lite”, dice la Mamusa, “si stanno attaccando alla metodologia delle cose però il succo ormai è quello, penso che sia l’ultimo colpo di coda della difesa. Ringrazio la procura, il dottor Ganassi e la dottoressa Muscas che ci hanno permesso di dare voce a Manuel”. Fin qui le dichiarazioni-sfogo della madre: il figlio è morto durante il rogo nella casa di Valentina Pitzalis, avvenuto a Bacu Abis nel 2011. La Pitzalis ha già fornito un suo scritto con la sua posizione.
Ad aggiornare da un punto di vista strettamente giuridico è l’avvocato Flavio Locci: “I sostenitori online dell’indagata continuano a battere molto sulla mancanza di lesioni ossee sul cranio di Manuel, in realtà ci sono tutta una serie di elementi che da soli sarebbero sufficienti per cambiare completamente il quadro. Il ragazzo era a terra, è emerso dall’esame autoptico, è stato attinto dalle fiamme quando sostanzialmente non respirava più, da un esame obiettivo non è stato trovato fumo nei polmoni. Una versione totalmente diversa da quella inizialmente ipotizzata, confidiamo in un processo dove verranno chiarite tutte le responsabilità. La figura di Manuel riteniamo che sia già stata riabilitata perché le cose non sono andate come erano state raccontate”.
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