di Gianni Benevole, avvocato
Imperversa la campagna elettorale, i lavoratori assumono improvvisamente centralità nel dibattito e finalmente riescono a catalizzare un’attenzione, ipocrita e opportunistica, che segna picchi massimi dopo essere stati letteralmente ignorati nel corso dell’intera legislatura. Servono voti e si è dunque disposti a tutto pur di non perdere ed essere eletti, servono soprattutto i voti dei tanti lavoratori presi in giro, ignorati e traditi in questi anni.
Una domanda.Dove erano tutti questi politici così sensibili quando la sinistra disarmava i lavoratori, approvava il Jobs Act e demoliva lo Statuto dei Lavoratori. Nel 2016 si è tenuta un’importante raccolta firme a sostegno dei referendum contro i licenziamenti senza tutela legge Fornero e contro il Jobs Act. Personalmente quei referendum li ho sostenuti e firmati tutti, lo attesta la foto del mio profilo fb. Tutti gli esponenti politici che oggi, in campagna elettorale, parlano di lavoro, all’epoca hanno taciuto, timorosi di Renzi e del PD loro alleato, diretto o trasversale. Sono rimasti indifferenti. Quegli indifferenti che qualcuno di importante ”odiava”. Nessuno di loro ha speso una sola parola a sostegno dei referendum sul lavoro che rappresentavano un’occasione unica di discussione e di confronto, probabilmente l’ultima ancora di salvezza per milioni di lavoratori, allora, per la politica sciacalla, meno appetibili di oggi.
Per rinfrescare la memoria è sufficiente solo una nota relativa ad un dato oggettivo, impossibile da smentire; l’ultima legislatura del centro sinistra passerà alla storia per l’approvazione di un decreto legislativo che consente ai datori di lavoro di poter assumere – giustamente per chi è in difficoltà – grazie ad incentivi di Stato (il punto è che lo fanno, oltre alle multinazionali, anche tanti datori di lavoro sardi miliardari che potrebbero assumere senza incentivi) e di poter licenziare liberamente senza rischi o comune con conseguenze sanzionatorie minime. Questa legge è il Jobs Act – figlia della sinistra ma sostenuta in modo trasversale – che oltre ad aver eliminato diritti e tutele per i lavoratori, tanto da essere dichiarata in parte incostituzionale, ha messo il bavaglio anche ai giudici, per evitare rischi e rigurgiti statutari, con una norma che impedisce loro di formulare giudizi di proporzionalità. In Sardegna e nel cagliaritano tante aziende, anche le più importanti e solide finanziariamente, pur avendo fatto registrare importanti incrementi di fatturato, hanno beneficiato e in alcuni casi anche abusato degli sgravi del Jobs Act o hanno assunto con contratti a termine, part-time, creando occupazione precaria, mal retribuita e di poco valore, rientrante nelle statistiche di una “crescita” amplificata e distorta.
Questi contratti sono spesso contrassegnati da una politica ricattatoria e di sfruttamento, nella maggior parte dei casi indirizzata alle donne con figli. Un testo scritto di recente da due magistrati donne, giudici del lavoro, Carla Ponterio e Rita Sanlorenzo, intitolato “ E lo chiamano Lavoro….”, illustra alla perfezione la portata delle riforme, definendo “lo Statuto dei Lavoratori un guscio ormai vuoto e il diritto del lavoro una parabola discendente che vede il rapporto datore di lavoro-lavoratore sempre più sbilanciato in favore del primo”. Ma altro ancora e tanto ci sarebbe da dire e da raccontare.










