La sofferenza mentale, un male oscuro che anche in Sardegna interessa migliaia di persone.
Quartu Sant’Elena potrebbe candidarsi alla sperimentazione attraverso un protocollo d’intesa, “una rete di servizi” finalizzati ad interventi personalizzati di natura sanitaria, sociale e sociosanitaria.
Bipolarismo, schizofrenia, borderline ma anche forte depressione, disturbi della personalità sono patologie, condizioni che affliggono migliaia di persone in tutta l’Isola e che, spesso, turbano la quiete familiare. I cari di chi soffre di un disturbo mentale, di una patologia psichica o di uno stato di forte malessere interiore molte volte si trovano a dover fare i conti con le problematiche legate agli stati alterati di chi, a volte a fasi alterne, altre volte quasi quotidianamente, lottano contro se stessi, in primis, e scaricano o manifestano il mal di vivere o la loro visione distorta della realtà contro chi gli sta vicino.
È difficile generalizzare, la mente umana è unica, ma ci sono quasi sempre dei fattori che li accomunano, soprattutto quando seguono una terapia a base di psicofarmaci e neurolettici. Pressoché sempre, quando invece la terapia viene interrotta, mal assunta o non è più adeguata. Si intersecano allora numerose vicessitudini che possono sfociare in paranoie, nervosismi, insonnia e, purtroppo, in scatti d’ira, anche violenti, contro se stessi o chi gli sta vicino.
Impossibile non pensare agli ultimi gravi fatti di cronaca accaduti anche a livello nazionale. In genere, tutto si svolge dentro le mura domestiche e si risolve con il massimo impegno della famiglia, o degli amici più cari, supportati dalle autorità competenti. Altre volte, invece, ciò non avviene e si può essere travolti da quel mondo “incomprensibile”, oscuro alla razionalità, indescrivibile ed etichettato come pazzia.
Altre volte ancora, chi sta vicino ai fragili, stremato dal dolore dell’impotenza, dall’incapacità ad aiutare concretamente il proprio caro cerca aiuto, anche pubblicamente.
Un grido di dolore, forse anche perché non si è ancora pronti ad accettare che la realtà non potrà mai essere quella di una vita lineare, regolare ma che dovranno sempre fare i conti con periodi “up” e “down”, intervallati da un po’ di stabilità. “Vivono in un mondo tutto loro”.
Come intervengono le istituzioni? Quali sono i ruoli, le competenze ma anche i limiti che sorgono innanzi a chi soffre di disturbi e patologie psichiatriche, etichettate come pazzia o più, “ignorantemente” come un esaurimento nervoso?
“Ho la sensazione che su questo annoso tema – spiega Stefano Delunas, ex sindaco di Quartu Sant’Elena e già assessore ai servizi sociali che subentrò a Luisa Carta – ogni istituzione ed organismo pubblico lavori, ancora oggi, in compartimenti stagni e non come dovrebbe essere, ossia in “rete”. In questo settore della sanità pubblica, ognuno difende le proprie prerogative ed il frutto di questa situazione di pericolosità sociale viene poi scaricata sugli assessori comunali competenti ed, in ultima analisi, sui sindaci, in quanto responsabili della salute pubblica”.
Uno scaricabarile, insomma?
“Io ho vissuto da assessore prima e da sindaco dopo, situazioni veramente incresciose. Venivo coinvolto dai genitori, parenti, fratelli di ragazzi e adulti non in equilibrio psichico. Ed era difficoltoso porre in essere una semplice valutazione e, poi, una richiesta di trattamento sanitario obbligatorio. Ed è così che da assessore, trovai le risorse economiche e d’intesa col CSM di Quartu. Feci partire un progetto annuale che vedeva uno staff multidisciplinare coinvolto nelle visite domiciliari, nei confronti di coloro che si reputavano i casi più critici e pericolosi, appunto i cosiddetti ” doppia diagnosi”, per i familiari e per la stessa società civile.
Quell’anno io evitai di firmare circa 20 TSO.
Bisognerebbe ripartire da questa buona prassi, approffondendo, poi, sulle poche strutture presenti nel territorio sui cittadini in “doppia diagnosi” e l’integrazione in rete tra CSM, SERD e Assessorato ai servizi sociali per una piena collaborazione tra i servizi sociosanitari con quelli socioassistenziali di competenza comunale”.
Un sistema, forse, da rafforzare, per il bene dei soggetti interessati e dei loro affetti più vicini.
Alcune considerazioni a riguardo giungono dallo psichiatra Matteo Papoff: “Quello che secondo me si potrebbe fare è prorogare, potenziare e, laddove non siano presenti, creare i servizi di assistenza domiciliare dei pazienti psichiatrici più seri che garantiscano progetti riabilitativi di cura e trattamento e che permettano una riduzione delle situazioni di acuzie, facendo ricorso ad equipe che comprendano psicologi, educatori, tecnici della riabilitazione psichiatrica, infermieri, oss e in ultima analisi anche specializzandi di Psichiatria e Psicoterapia”.
Una risposta concreta a questa serie di problematiche potrebbe giungere dal Comune di Quartu:
“Rileviamo l’esigenza di finanziare progetti finalizzati allo sviluppo integrato di “una rete di servizi” – spiega Lorena Cordeddu, drigente del settore politiche sociali del comune – finalizzati ad interventi personalizzati di natura sanitaria, sociale e sociosanitaria e per poter perseguire l’integrazione delle politiche sociali con quelle sanitarie”.
Gli fa eco l’assessore alle politiche sociali e del lavoro Marco Camboni: “Quartu potrebbe candidarsi ad una sperimentazione in tal senso attraverso un protocollo d’intesa”.
Una sinergia di forze, quindi, per aiutare, ancor più, chi ha bisogno del sostegno da parte di tutti, affinché quella lotta interiore, e contro il mondo intero, possa essere, se non sconfitta, almeno alleviata.
Foto : Andre Darco









