Sarebbe stata incastrata da numerose telefonate fatte al giardiniere 26enne di Milano indagato per occultamento di cadavere Rosamaria Elvo, ristoratrice di San Pantaleo, compagna di Emanuele Ragnedda. Lei, secondo gli inquirenti che l’hanno iscritta nel registro degli indagati con l’accusa di favoreggiamento, avrebbe fatto in modo che la scena del crimine venisse ripulita dal sangue, e avrebbe accompagnato il fidanzato a comprare un divano nuovo per sostituire quello macchiato del sangue di Cinzia Pinna, ammazzata a 33 anni durante una serata a base di cocaina e alcol con uno o più colpi di pistola. Ma Ragnedda, il killer reo confesso, la scagiona con gli inquirenti dicendo che lei non c’entra nulla né col delitto né con le fasi successive, e avrebbe invece chiamato in causa un’altra persona, per ora l’identità non è nota, a cui avrebbe consegnato telefono e indumenti di Cinzia.
Alla luce di questi nuovi elementi, i difensori del 26enne Maurizio e Nicoletta Mani e Antonello Desini chiederanno un interrogatorio per chiarire la sua posizione.
Resta intanto in carcere a Bancali Emanuele Ragnedda, accusato di omicidio volontario aggravato dall’uso di arma da fuoco e di soppressione di cadavere nella sua tenuta di Conca Entosa, tra Palau e Arzachena. Nelle stesse indagini è dunque coinvolta anche Rosamaria Elvo. La procura sta valutando ora l’incrocio delle posizioni: da un lato il ruolo del presunto complice chiamato a rispondere dell’occultamento del corpo, dall’altro la compagna di Ragnedda, accusata di aver tentato di cancellare le prove. Due tasselli che potrebbero rivelarsi decisivi per ricostruire non solo l’esecuzione del delitto, ma anche le fasi successive fino al drammatico ritrovamento del corpo.











