Non tutti i baristi, a Cagliari, vogliono riaprire con le nuove regole del Governo. Che vanno seguite, assolutamente, per evitare possibili nuovi contagi da Coronavirus: ma l’idea del take away non convince, per esempio, Luca Lobina, barista trentasettenne con, alle spalle, vent’anni di sveglie prima dell’alba e caffè e cappuccini serviti: “Prendere un caffè in un bicchiere termico, dover uscire dal bar e berlo lontano dal locale: chi mai verrà?”, chiede Lobina. “Certo, così impongono le misure di distanziamento sociale, ma per noi baristi è un controsenso. Già da prima del lockdown, infatti, i nostri incassi erano crollati perchè potevano entrare solo tre clienti alla volta. Dentro il bar nel quale lavoro ci sono quattro tavolini, e il locale è molto largo. A questo punto, le strade sono due”, suggerisce Lobina, “o lo Stato ci fa ancora rimanere chiusi ma, contemporaneamente, ci garantisce un bonus mensile, visto che la cassa integrazione non è nemmeno arrivata, oppure ci fa lavorare ma ci restituisce la percentuale dei mancati incassi, calcolata sullo stesso periodo dell’anno precedente”.
“È semplice, possono far fede tutti gli scontrini battuti. Nel bar, oltre a me, lavorano altre tre persone. Gli incassi sono crollati già da tre mesi del settanta per cento, abbiamo già versato troppe lacrime”.










