Il “Mal Francese” è ritornato in Sardegna, meglio noto come Sifilide. A contagiarla, come nel lontano passato, sono secondo le statistiche i rapporti sessuali. Una notizia che si vocifera da tempo negli ambienti medici nostrani, ufficializzata oggi dalla ricercatrice universitaria Laura Atzori in una intervista rilasciata all’Unione Sarda (oggi in edicola). Afferma Atzori: “in Sardegna alcuni gigolo’ malati”. La stessa situazione “la vivono anche alcune prostitute. Abbiamo avuto contezza di alcuni ragazzi spagnoli che vengono in Sardegna per fare i gigolo’, con appuntamenti già fissati“.
Si tratterebbe di pazienti sieropositivi che hanno avuto rapporti sessuali regolari ma senza far uso del preservativo. E che, in diversi casi, si sarebbero ben guardati dall’avvertire i partner di aver contratto la malattia. Finendo per diffondere il contagio.
I più colpiti da questo male? Sarebbero gli eterosessuali di ceto medio alto dei quali, la privacy, tutela l’identità laddove diventano pazienti delle strutture ospedaliere cittadine. Pazienti prevalentemente in cura nell’apposito reparto dell’ospedale San Giovanni di Dio. La sifilide viene curata con una delicata terapia. A causarla è un batterio, il Treponema pallidum, dell’ordine delle spirochete, che si presenta al microscopio come un piccolo filamento a forma di spirale.
Oltre che per via sessuale, il contagio può estendersi al feto. Ciò potrebbe accadere a una donna gravida con infezione recente attraverso la placenta.
In tal caso, il feto presenta un quadro di sifilide congenita con malformazioni che possono interessare la cute e le mucose. Ma anche l’apparato scheletrico, organi come il fegato, gli occhi, i reni, il sistema nervoso. Dunque la malattia può essere contratta anche nella forma congenita in due modi: prima ancora della nascita (attraverso il sangue materno infetto), ed anche alla nascita, durante la discesa nel “canale del parto”.
Ma nella maggior parte dei casi il contagio avviene attraverso i rapporti sessuali. In passato sono stati anche riscontrati casi di acquisizione della malattia con le trasfusioni di sangue. Ora debellati grazie ai controlli che effettuati prima che il sangue sia trasfuso.
La malattia vera e propria si manifesta con fasi differenti secondo la forma primaria delle ulcerazioni. La seconda fase è la più delicata: dopo circa sessanta giorni dal contagio, la malattia potrebbe avere intaccato tutti gli organi ed è necessario porvi rimedio. Per questa ragione, in caso di sospetto contagio, è necessario fare i dovuti accertamenti ed in modo mirato. Anche perché la sifilide viene storicamente chiamata “la grande simulatrice”. È simile a tante altre malattie ed è difficile da diagnosticare.
Marcello Polastri












