In base alla legge 281/1991, gli animali possono accedere a qualunque luogo pubblico o esercizio pubblico, a meno che non sia segnalato il divieto con apposito cartello. Ma è proprio questa segnalazione di divieto, con apposito cartello, che nel corso degli anni ha creato fraintendimenti tra esercenti di locali pubblici e proprietari di animali d’affezione (cani, gatti, conigli, uccellini, furetti, criceti, etc.). Intanto, molte città, province e regioni hanno adottato regolamenti che favoriscono l’accesso di cani e gatti alle strutture pubbliche, tra cui, uffici pubblici, market, ristoranti, mezzi di trasporto, spiagge pubbliche e in alcuni casi anche strutture sanitarie, purché i cani siano tenuti al guinzaglio e all’occorrenza indossino la museruola, e i gatti o altri animali d’affezione viaggino in trasportino. Unica eccezione è il divieto di accesso nei locali in cui vengono preparati gli alimenti. In altre parole, è vietato entrare nelle cucine di un ristorante con un cane, ma non è vietato dalla legge sedersi al tavolo di un ristorante in compagnia del proprio cane. Tuttavia, in presenza di concrete e inderogabili esigenze di tutela igienico-sanitaria certificate dalle autorità sanitarie, l’esercente può chiedere il divieto di accesso a cani, gatti e altri animali d’affezione. Mentre in riferimento alla legge regionale 20/12 del Friuli Venezia Giulia, significativamente modificata con la legge 5/15, entrata in vigore dal 2 aprile scorso, l’accesso ai cani e animali d’affezione è consentito in tutti i luoghi pubblici.












