Dal 21 aprile all’otto giugno 2020 Giovanni Carta, operaio sardo di cinquant’anni, nato a Paulilatino ma residente, sin dal 1992, a Fidenza, in Emilia Romagna, ha combattuto contro il Coronavirus. E se l’è vista davvero brutta. Prima la tosse e l’inaspettata febbre, poi il “calvario” in due ospedali, con una polmonite da dover sconfiggere al pari del virus. E, infine, la rinascita. L’uomo racconta, in esclusiva a Casteddu Online, la sua lunga e dura battaglia: “Ho avuto una tosse insistente e la febbre, mai presa in vita mia, sino a quaranta. Anche altri miei colleghi della fabbrica si erano ammalati. Il 21 aprile ho fatto il primo tampone”. L’esito? “Positivo. Sono rimasto all’ospedale di Fidenza per una settimana, poi mi hanno trasferito a Parma, al Maggiore”. I medici hanno optato “per il coma indotto. Ero intubato, avevo l’ottanta per cento dei polmoni compromessi da una polmonite. Sono stato fatto uscire dal coma il tredici maggio”. Sono poi trascorse altre settimane, prima dei nuovi tamponi. Due. Il primo negativo, così come il secondo: “L’otto giugno 2020, una liberazione”, confessa Carta.
Carta aveva scritto una lettera al sindaco di Paulilatino, Domenico Gallus, descrivendogli tutte le difficoltà legate al dilagare del Covid-19. Uno scritto poi diventato di dominio pubblico. Ieri sera, la grande festa con i suoi amici nella sua Paulilatino: “Ormai il mio fisico ha gli anticorpi al virus, sino a quando non lo so. Intanto, non devo portare la mascherina”. E il 50enne lancia anche un monito nei confronti di chi, magari, possa pensare che il peggio sia passato: “Il Coronavirus è subdolo, guai ad abbassare la guardia. Anche quando va via, lascia comunque delle tracce, almeno nel mio caso, tra stress fisico e una gamba, quella sinistra, che deve ancora riprendere la sua totale funzionalità”. Dolori, insomma, ma anche gioie: “A settembre mia figlia mi farà diventare nonno, abbiamo già scelto il nome del piccolo: Daniele”.












