“Ora Giovannino deve parlare, raccontare cosa è successo quella maledetta notte, chiarire come si erano procurati quella barca, se l’avevano rubata e se a bordo c’era qualcun altro. Solo lui può farlo, ed è ora che lo faccia: capisco il trauma, ma ormai è uscito dall’ospedale e deve parlare”. Nadia Calvia vuole la verità e la vuole da suo cugino: a bordo della barca naufragata il 12 aprile c’era lui, Giovannino Pinna, 35 anni, insieme a Davide Calvia, 38 anni, ritrovato morto dopo dieci giorni. L’autopsia ha complicato ulteriormente quello che era già un giallo: colpi da trauma su tutto il corpo difficilmente compatibili con l’infrangersi del corpo sugli scogli ma dovuti probabilmente a un pestaggio. Da parte di chi? C’era qualcun altro sulla barca? Tanti dubbi, per esempio perché quando Giovannino ha lanciato l’sos ha indicato un punto diverso da quello dove in realtà erano, poche certezze, come il fatto che i due cugini fossero sicuramente su quella barca insieme. Barca, peraltro, introvabile.
La chiave di tutto, come Nadia sa bene, sta proprio nel silenzio di Giovannino.












