Ha iniziato a fare telefonate su telefonate per proporre questa o quell’offerta nel 2004, Gianluca Meloni. Quarantasei anni, nato a Cagliari ma residente a San Sperate, è uno dei tantissimi operatori sardi di call center che si trovano alle prese con l’emergenza Coronavirus: “Lavoriamo in spazi strett, tutti in batteria in un unico open space nella zona industriale di Elmas. Ho un contratto part time, prendo mille euro al mese più altri cento di bonus dal Governo. Ho paura, sia io sia i miei colleghi non abbiamo nemmeno una mascherina perchè, purtroppo, sono introvabili”, afferma. È anche un rappresentante sindacale della Cgil, Meloni: “Abbiamo cercato di trovare un accordo con la società che gestisce anche la nostra commessa, proponendo di lavorare da casa. Ma questa decisione spetta solo alle grosse aziende per le quali cerchiamo di chiudere contratti, se loro dicono di no è no”. E la risposta, sia positiva sia negativa, “non è ancora arrivata, una beffa”.
Meloni spiega anche che “da qualche giorno siamo stati posizionati a scacchiera, cioè più distanti, ma la paura del contagio rimane. Non c’è nessun ricambio d’aria, quella che respiriamo viene riciclata mediante un sistema meccanico. Siamo tutti rispettosi delle regole, se un collega accusa anche solo un leggero malessere rimane a casa sin quando non è guarito del tutto. Quand’è che anche noi avremo le giuste tutele?”.









