Edilizia privata, la protesta delle imprese: “Basta ritardi”

L’appello delle imprese edili e manifatturiere di Cagliari al Comune


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Le imprese edili, i tecnici iscritti agli ordini professionali (ingegneri, architetti, geometri e periti edili) e tutti gli operatori del settore edile manifatturiere, a seguito di quanto rappresentato e a seguito delle continue lamentele e disagi a cui si va quotidianamente incontro, hanno deciso di costituire un comitato di cui fanno parte i rappresentanti delle suddette categorie e ordini professionali per intervenire presso le autorità competenti, in primis il sindaco di Cagliari, a cui chiedono urgentemente “un autorevole intervento – spiegano – per risolvere in maniera definitiva il problema del mal funzionamento del servizio di edilizia privata del Comune di Cagliari”. In particolare  per quanto riguarda “i ritardi nell’espletamento delle pratiche, la frequente e contraddittoria interpretazione del quadro normativo con riferimento al regolamento edilizio, al N.A. Piano Urbanistico Regionale e alle norme contenute nel Piano Paesaggistico Regionale. E i ripetersi di ricorsi al Tribunale Amministrativo Regionale con aggravi di spese e tempi da parte degli interessati”.

La lettera-appello. “In un contesto di palese recessione in cui versa il paese, il comparto dell’edilizia, pur nei limiti del quadro normativo dei piani urbanistico e ambientale di riferimento, dovrebbe essere tenuto nella giusta considerazione, in quanto costituisce il riferimento basilare per lo sviluppo di qualsivoglia attività economica e per la qualificazione del tessuto edilizio infrastrutturale esistente, sia esso pubblico o privato. Infatti gli attuali sportelli unici per l’attività edilizia e produttiva costituiscono il riferimento unico anche per gli enti pubblici territoriali  deputati a sviluppare i loro progetti.

Il recente quadro normativo, allo scopo di informatizzare e velocizzare le pratiche istruttorie fa riferimento a delle procedure che, pur lodevoli nello spirito hanno finito per divenire autoreferenziali creando di fatto una cesura invalicabile tra committente e progettista da una parte e amministrazione comunale dall’altra. Tale aspetto apparentemente insignificante in un sistema messo a regime costituisce oggi il maggior ostacolo alla chiarezza tra proponenti un intervento e l’amministrazione che lo deve esaminare, precludendo di fatto la ricerca di soluzioni condivise e comunque fattibili, a ciò si aggiunga il sistematico mancato rispetto dei termini concessi dal legislatore ( 120 giorni con un’unica interruzione per le integrazioni) per dare risposta certa alle istanze presentate. Assai spesso si assiste infatti al superamento di detti termini o ad una interruzione degli stessi che apparrebbe strumentale o comunque finalizzata a diluire il carico lavorativo nel tempo. In entrambe le ipotesi l’amministrazione è sollecitata a dare risposta concreta alla soluzione di questi problemi in quanto il parametro tempo oggi, non controllato e non prefigurabile, si traduce in un maggior costo sicuro per chiunque intenda operare, pubblico o privato che sia.

Quanto  espresso è ancor più rilevante proprio in considerazione della crisi economica che determina pesantemente il morire o il nascere di nuove iniziative. Il dilatarsi dei tempi e la non mai univoca interpretazione del quadro normativo di riferimento si sommano scaricando sulle spalle degli operatori oneri aggiuntivi divenuti ormai insostenibili. È  possibile che tali incertezze dell’amministrazione siano riconducibili all’evitare l’assunzione di precise responsabilità o al tentativo di ridurre al minimo eventuali effetti devastanti e facenti capo alla responsabilità stessa. Tale valutazione spetta ovviamente all’amministrazione , attraverso la valutazione degli obiettivi conseguiti dai suoi dirigenti avendo comunque l’amministrazione stessa o una posizione di corresponsabilità o una posizione di obbligatorio intervento nella soluzione dell’attuale scarsa produttività degli uffici. Tale situazione non più procrastinabile e tanto meno accettabile da una città che si dice e che vuole restare capitale e confermata dal sistematico riproporsi di ricorsi al TAR che hanno come ricaduta l’aggravarsi delle spese per l’amministrazione e per chiunque intenda un intervento. Alla luce di quanto esposto si invita e si impegna l’amministrazione a dare adeguata risposta al sistema produttivo e insediativo di questa città, provvedendo ad una radicale riorganizzazione del servizio deputato, privilegiando la dovuta comunicazione diretta tra il servizio e gli utenti; aspetto questo che, prima ancora che costituire un doveroso atto di cortesia, rappresenta l’imprescindibile meccanismo di regolazione di un qualsivoglia sistema democratico”. 

 


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