In una regione come la Sardegna, dove l’incidenza del diabete infantile è tra le più alte d’Italia, ci si aspetterebbe un accesso tempestivo e uniforme alle tecnologie sanitarie più avanzate. E invece, a Cagliari, proprio questo accesso viene negato. A denunciarlo è una madre, esasperata dalla situazione vissuta dal figlio, seguito dal centro microcitemico della città. “Solo ed esclusivamente nella città di Cagliari non viene erogato dal servizio sanitario un nuovo microinfusore per la cura del diabete. Trattasi di un dispositivo già in uso in tutto il resto d’Italia”. Una realtà paradossale, resa ancora più amara dal fatto che, a livello regionale, il dispositivo è già stato approvato. “Specifico che il bando è stato vinto e tutte le altre province lo stanno erogando tranne appunto a Cagliari dove si è bloccato per colpa dei commissariamenti che ci sono stati. Siamo nelle mani di persone che non si preoccupano della salute dei più piccoli”. Una battaglia quotidiana, quella di questa famiglia, che diventa un appello collettivo per tutte le altre coinvolte nella stessa situazione. “Vorrei che questo problema venisse a galla per dare un po’ di giustizia a chi come noi combatte tutti i giorni. Abbiamo anche noi diritto a vivere una vita “normale”, se così si può dire”. Il dislivello nell’accesso ai dispositivi medici assume un significato ancora più grave considerando il contesto isolano: “Quello che mi fa arrabbiare è che in Sardegna, avendo purtroppo un’incidenza così elevata, dovremmo essere i primi ad avere a disposizione gli strumenti più innovativi e invece ci ritroviamo ad essere gli ultimi della fila, siamo sempre penalizzati. Questo è un grido d’aiuto mio ma che riflette in primis quello di mio figlio, che ha bisogno di sentirsi un po’ più libero e sereno come i coetanei della sua età”. Una condizione che, secondo la giovane madre, continua a rimanere ignorata anche a causa dell’inerzia burocratica: “Solo Cagliari si trova in questa situazione… Il problema è che nessuno capisce quanto possa essere importante una firma”, conclude. Un appello, questo lanciato dalla donna, che non può restare inascoltato, la salute dei bambini deve essere una priorità assoluta, e non un privilegio legato al luogo in cui si abita. Garantire a tutti le stesse opportunità di cura è un gesto di civilità prima ancora che di giustizia.










