Nel giorno più chiassoso dei 5 stelle, in cui tutti da Roma a Cagliari hanno fatto a gara per dire la loro e stracciarsi le vesti raccontando una versione dei fatti dal loro punto di vista – la relazione in cui la Corte dei Conti dichiara regolare le spese di tutti i consiglieri regionali in campagna elettorale non c’entra assolutamente nulla con la decadenza inflitta dalla corte d’appello – c’è un silenzio che fa rumore. Ed è quello del Pd, il principale partito alleato dei 5 stelle, che in pieno congresso regionale accettò la candidatura di Alessandra Todde a capo della coalizione di centrosinistra o del campo largo.
Un patto di ferro difeso a costo di qualunque cosa dal neo eletto segretario Comandini, che la candidatura di Todde decisa dalle segreterie romane non l’ha mai messa in discussione, raccontata come scelta dei partiti regionali senza alcuna imposizione romana.
Oggi però, nel giorno in cui l’universo 5 stelle universalmente esulta, il Pd tace. Un silenzio che fa rumore nel chiasso delle vittorie più proclamate che ottenute: nessun consigliere regionale dem, come già successo, interviene a dire la sua in difesa dei cinquestelle e della Todde. Si registra solo una dichiarazione dal Senato di Marco Meloni, con riflessioni su legittimità e regolarità delle spese elettorali, ma poi nient’altro. In Sardegna, nel giorno in cui la corte costituzionale ha bocciato pure la moratoria non più in vigore e mentre si sta per avviare il quarto mese di esercizio provvisorio di bilancio, i dem tacciono.