


Nobiluomini e castellane, cavalieri e cortigiani, vescovi e badesse, alleanze e intrighi, guerra e pace, preghiera e devozione. I monumenti storici medievali della Sardegna respirano ampiamente l’aria di un passato ricco di affascinante maestosità in un contesto unico, quello rappresentato dai Giudicati di Arborea, di Cagliari, di Gallura e di Torres, veri e propri stati indipendenti che tra il IX e il XV secolo hanno ampiamente contribuito a plasmare lo spirito identitario dell’Isola.
I castelli erano il simbolo della potenza delle grandi famiglie nobiliari; garantivano la difesa e il controllo del territorio circostante che dominavano dall’alto. In Sardegna ne furono costruiti almeno un centinaio; di molti rimangono solo i ruderi, ma altri mostrano ancora oggi al visitatore tutta la loro dominante possenza architettonica accompagnata da tante leggende tramandate nel tempo.
Come il Castello di Serravalle a Bosa (Oristano), costruito nel 1112 dal casato toscano dei Malaspina dello Spino Secco. Si racconta che il geloso marchese costruì un sottopassaggio dal castello alla cattedrale perché la bella moglie andasse in chiesa al riparo da occhi indiscreti. Un giorno in preda a raptus, le tagliò le dita delle mani e le avvolse in un fazzoletto, che, scordata la follia, davanti agli amici tirò fuori dalla tasca. Le dita caddero, lui fu scoperto e imprigionato. Sempre per la leggenda alcune rocce del castello sarebbero le dita pietrificate o i testimoni impietriti dall’orrore.


A Burgos (Sassari) troneggia il castello del Goceano, edificato nel 1134 e conquistato a fine secolo dal giudice Guglielmo di Cagliari che vi rapì e poi uccise Prunisenda, la moglie del giudice nemico, Costantino di Torres. Si narra che l’anima dell’assassino, inseguita da stormi di uccellacci, vaga di notte tra i ruderi della rocca, invocando il perdono della vittima.

A Posada (Nuoro), sul mare, il Castello della Fava deve il proprio nome a una leggenda. Intorno al 1300 una flotta saracena assediò il borgo cercando di conquistarlo per sfinimento e fame. Per ingannare gli assalitori, gli abitanti, ormai stremati, si racconta che fecero mangiare fave, l’unico cibo che a loro rimaneva, a un piccione. Prima di liberarlo in volo, lo ferirono. L’uccello cadde nell’accampamento nemico con lo stomaco pieno: lo strano gonfiore fu notato e così anche l’abbondante pasto, inducendo gli assedianti a sovrastimare le risorse del castello: a quel punto desistettero dall’assedio.

Sulla sommità di uno dei sette colli di Cagliari svetta il Castello di San Michele, al quale si lega il nome della famiglia aragonese dei Carroz, feudatari che per decenni rafforzarono il loro potere concedendo asilo a malviventi e fuorilegge in cambio di fedeltà. La leggenda vuole che vi si aggiri un fantasma, quello della contessa Violante sulla quale fu scagliata una maledizione in quanto accusata di essere stata la responsabile dell’omicidio di un sacerdote.
E nel periodo medievale il rapporto con il clero era fondamentale per mantenere ed esercitare il potere. Anche nella Sardegna dei periodi giudicale e aragonese. Gli stessi ordini religiosi, attraverso l’architettura e i monumenti che sono arrivati a noi, mostravano alla popolazione tutto il loro peso politico e non solo quello spirituale.

Come un castello, nel territorio di Ozieri (Sassari), su uno sperone di roccia vulcanica troneggia la basilica di Sant’Antioco di Bisarcio, dedicata al patrono della Sardegna. Costruita a partire dal XII secolo in trachite scura, lunga 33 metri, larga dodici e alta dieci, è tra le più imponenti del patrimonio isolano di questo periodo storico. Tra le sue particolarità, a inizio XIII secolo fu aggiunto un portico finemente decorato, caso unico nel romanico sardo.

Restando nella provincia di Sassari, a Codrongianos, si trova quella che è definita la più spettacolare chiesa medievale della Sardegna: la basilica della Santissima Trinità di Saccargia, caratterizzata dall’imponente facciata decorata. Si racconta che, durante un pellegrinaggio, il giudice Costantino I di Torres e sua moglie Marcusa, nella speranza di avere un figlio, ebbero un’apparizione sacra che li spinse a costruire la chiesa nelle vicinanze del monastero dell’ordine dei Camaldolesi che li aveva ospitati. Una volta nato l’erede, come segno di gratitudine, la basilica fu donata ai monaci.

Un’altra imponente basilica si può visitare a Porto Torres (Sassari). Dedicata ai martiri Gavino, Proto e Gianuario, perseguitati dall’imperatore Diocleziano, la costruzione è lunga 58 metri, il triplo di quanto è larga. Al suo interno le arcate sono sorrette da 22 colonne in granito rosa e marmo grigio. Sorge in un’area archeologicamente importante che nei secoli precedenti ospitò una necropoli romana e paleocristiana.

Dall’altro capo della Sardegna, a Cagliari si può ammirare il Duomo, costruito in forme gotico-romaniche nel XIII secolo e sottoposto per 400 anni a ripetute modifiche ad opera dei pisani e dei catalano-aragonesi. Anche in questo caso, come un castello, la costruzione svetta sulla città e sul mare, ennesimo esempio di quanto storia e bellezza rendono l’isola una meta tutta da gustare con gli occhi e con la mente.














