Stanotte ho rivisto su Youtube le immagini del Sant’Elia strapieno nell’anno della magica promozione in serie A del 1990: ogni partita era una festa. Mi ha colpito moltissimo vedere tanto entusiasmo a poche ore dal clamoroso sfogo di Massimo Cellino, che ha annunciato la cessione di Nainggolan e dei pezzi migliori per colpa di uno stadio che vale la serie C. Cellino non ha tutti i torti, questa volta: diciamolo chiaro, questo stadio è una vergogna. Stanotte la città era piena di giovani tifosi rossoblù con la sciarpa al collo, ma non avevano il sorriso e l’entusiasmo di 23 anni fa. Quando a fare spettacolo era lo stadio. Quando il tifo era esploso, nella generazione nata con gli Sconvolts. Quando anche la curva Sud era piena come un uovo, quando ritrovarsi la domenica sugli spalti era prima di tutto una speranza. Altri tempi, si dirà, ma qui a Cagliari il tempo ha giocato brutti scherzi. Sembra impossibile che lo stadio sia finito decomposto, distrutto dalla mancata manutenzione 20 anni dopo il Mondiale. Significa avere tolto il calcio a una città, la gioia per lo sport che era un riscatto sociale. Poteva cascare il mondo, col freddo e col caldo, ma il Cagliari era una fede che si celebrava soltanto lì, nel nostro stadio. Le vicissitudini le conoscono tutti, il caso Is Arenas con gli arresti eccellenti in un 2013 davvero da dimenticare. Ma il ritorno al Sant’Elia non è stato accompagnato dai passi giusti, Cellino ha ragione quando dice che è assurdo giocare una partita come Cagliari-Napoli in un impianto del genere, semi sbarrato ai tifosi. Chi si droga del calcio in pay tv non ha capito niente di come questo sport possa dare i brividi. Guardate questo video di una partita qualsiasi di quel campionato di B, Cagliari-Catanzaro 4-1. Guardate quanta gente e quanta felicità. Quello era il Cagliari, quello era il Sant’Elia. La meravigliosa cavalcata di Lopez e compagni meriterebbe ben altri scenari. Va progettato il nuovo stadio Sant’Elia all’inglese. Subito, prima di essere condannati per sempre alla nostalgia. Il popolo rossoblù lo merita, il Cagliari è la squadra di una regione, di un’isola che ha sempre lottato. Di Gigi Riva ma anche di Cappioli, Ielpo, Oliveira, Dario Silva, e oggi di Sau e Nenè.













