Cassazione: se la vittima risponde al persecutore decade lo stalking

La sentenza su un caso di una ragazza che dopo aver denunciato il suo ex continuava a rispondere alle sue telefonate e ai suoi Sms


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La vittima di stalking deve guardarsi bene prima di rispondere la cellulare quando a chiamare è il suo persecutore. Con la sentenza numero 9221/2016, che sicuramente farà discutere, la Corte di Cassazione ha escluso la configurabilità del reato in cui la persona offesa assuma un comportamento conciliante nei confronti del presunto stalker. In pratica, nella sentenza depositata ha stabilito che “nel caso in cui il soggetto passivo, con il proprio comportamento, assecondi quello del soggetto agente, viene meno il requisito, indispensabile per la configurazione del reato di stalking, del mutamento radicale delle abitudini della vittima anche a seguito della situazione di ansia che ne segna in modo irreversibile la vita”. Infatti, la configurazione degli atti persecutori è caratterizzata non solo dalla reiterazione della condotta nel tempo ma anche dal pregiudizio alla persona, da porre in correlazione con la ripetitività. Per cui, se gli atti di “disturbo” non sono seguiti da un evento-danno sulla persona, la fattispecie non può dirsi integrata. Nel caso in questione, una ragazza aveva risposto alle chiamate del proprio interlocutore e anziché prenderne le distanze aveva acconsentito a un incontro chiarificatore. Il suo comportamento è stato valutato dai giudici, come poco coerente e di certo idoneo ad escludere che gli atteggiamenti incriminati configurino un’ipotesi di atti persecutori. 

(Fonte: www.StudioCataldi.it)

 

 

 


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