«Ci sono tante associazioni a Capoterra che potrebbero usufruire, per il bene collettivo, di quella struttura regionale totalmente abbandonata, un’area fruibile per i volontari, con tanti posti macchina per le auto di servizio, ambulanze, ad esempio l’Avis e altre ancora presenti sul nostro territorio che ne hanno davvero bisogno. Perché la Regione non predispone un bando per un comodato d’uso dell’immobile? Sarebbero a decine le associazioni e gruppi di volontariato che si farebbero avanti e avrebbero i requisiti per l’utilizzo di quegli edifici lasciati a degrado. Ma tutto tace, siamo certi che sarebbe l’unico modo per rimetterla in sesto, salvaguardandola e ridare al tempo stesso una connotazione di utilità sociale e pubblica fondamentale per la nostra cittadina. Noi siamo in attesa che qualcuno dalla Regione ci dia un segnale, perchè vedere quel luogo, a San Girolamo, in quelle pessime condizioni è un pugno nello stomaco ogni giorno».
Le parole del sindaco di Capoterra, Francesco Dessì suonano come una voglia di palese riscatto per quel tassello e brandelli di muri inutilizzati che porta il nome di Hydrocontrol, da anni in totale stato di abbandono. Nei giorni scorsi, il nostro giornale si è occupato della vergognosa situazione che langue da tanti anni. La situazione attuale, a distanza di nove anni dal fallimento della società, (per la quale la Regione Sardegna nel 2007 spese circa 800mila euro), è tale e quale da troppo tempo. Il primo cittadino si dice pronto a restituire alla cittadina quella sorta di orgoglio per un pezzo di territorio mutilato, per la quale la responsabilità è unicamente della Regione Sardegna: “Dipende da loro – dice Dessì – non possono lasciare quelle strutture abbandonate, sapete quante associazioni di volontari ci chiedono spazi per le loro attività fondamentali per la comunità? Tante, nel vedere quel luogo abbandonato, mi rattristo”.
LA STORIA. L’ennesima struttura pubblica abbandonata, un tempo ospitava il quartier generale della Hydrocontrol, (centro di ricerca e formazione per il controllo dei sistemi idrici in Sardegna), ma a distanza di 9 anni dalla sua definitiva chiusura, gli edifici mostrano i segni del tempo, della totale vandalizzazione da parte di ignoti: controsoffitti distrutti, cavi in rame rubati, vetri frantumati, scaffali e armadi ancora pieni di archivi di documentazione varia della Regione Sardegna, in ogni ambiente tra i vari uffici, il disastro totale. Quadri elettrici smantellati, attrezzature resse inservibili, nulla è stato salvato, una cattedrale nel deserto in piena regola, con tanto di denaro pubblico utilizzato: per cercare di salvare la società dal fallimento, nel 2007 la Regione investì circa 800mila euro, ma a distanza di poco tempo, la Hydrocontrol venne messa in liquidazione. Questa è l’esatta situazione che si presenta agli occhi dei più, un autentico pugno sullo stomaco non solo per i cittadini capoterresi: che dire, le immagini si commentano da sole, inutile dire che le cose qui andrebbero risolte alla radice, ma siamo ancora lontani da un estremo atto conclusivo dell’intera vicenda.
I RICORDI DI CHI C’ERA. “Io non so se la Hydrocontrol doveva essere salvata oppure no, so con certezza che era un centro di ricerca incredibile ed all’avanguardia. Nel 1995 – dice Filippo Soggiu, attualmente imprenditore e commerciante alla Corte del Sole di Sestu – per 1 anno intero ogni mattina mi recavo con altri 15 ragazzi Sardi a lezione, avendo vinto un master per Dirigenti e Quadri nel settore Ambientale, patrocinato dalla Regione Sardegna. Molti di quei ragazzi oggi lavorano da Abbanoa, al Consorzio del Govossai o della Sardegna meridionale – evidenzia Filippo Soggiu – la struttura dista circa 30 minuti da Cagliari perché per arrivarci oltre che prendere la strada 195 verso Pula, dovevi salire alla fine della Località poggio dei Pini, ma quello che ti si apriva appena arrivavi era un pezzo di natura incontaminata con al centro una struttura pulita ed in armonia con l’ambiente. Oggi pagheremmo per lavorare in un posto del genere. Il mio ricordo (ormai di quasi 20 anni fa) era nel constatare come nella mia terra ci fosse un centro cosi specializzato nello studio e la ricerca di tutto quello che riguarda il mondo dell’acqua. Forse solo chi vive in un isola può capire l’importanza di studiare l’acqua che assieme al sole è l’unica cosa della quale proprio non possiamo fare a meno. Ricordo il responsabile di laboratorio un certo Geom. Sanna, che aveva una preparazione su tutto quello che era in quel lontano 1996 l’avanguardia mondiale del mondo ambiente e della potabilizzazione e depurazione delle acque. Ricordo una Biologa che studiava nuovi batteri in grado di mangiare non solo i rifiuti, ma di ripulire l’acqua più inquinata. Ricordo laboratori con strumentazione all’avanguardia in Europa , ma soprattutto ricordo come molti ricercatori avessero degli studi in compartecipazioni con Scienziati Tedeschi, Francesi ed Inglesi. Se poi volevi ritrovare l’ispirazione o prenderti una pausa, fuori dalla struttura la macchia mediterranea e la bellezza dell’aspra Sardegna con i suoi silenzi ed i suoi rumori, ti faceva stare davvero bene. Vedere oggi le immagini di quel degrado è davvero un colpo al cuore per chi come me quarantenne, vorrebbe creare centri di questo tipo e non vederli in quelle condizioni. Per chi come me, inviterebbe Obama e la Merkel in un centro di quel tipo e li lascerebbe senza fiato per il contesto e per quello che potevano dare. Non ho seguito le vicende che hanno portato la gestione del posto a fallire in quel modo, ma qualunque queste siano state, da persona che vorrebbe impegnarsi per migliorare il proprio paese ed il proprio territorio, trovo criminale il modo in cui questa struttura sia stata abbandonata e fatta fallire. Non entro nelle solite frasi sulla politica, ma di certo con la questione Hydrocontrol , la classe dirigente Sarda che punta all’eccellenza ed a distinguersi, ha perso 10 a zero”.
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