Tanti volantini col volto della 16enne morta 29 anni fa, il corpo era stato ritrovato in fondo a un canyon a Tuvixeddu. La famiglia non ha mai creduto al suicidio: “Se avete informazioni utili sui suoi ultimi giorni, fatecelo sapere anche in anonimo”.
Manifesti con il volto di Manuela e la sua storia tappezzano alcune vie del capoluogo sardo: sono soprattutto quelle nelle zone in cui la giovane “è passata negli ultimi giorni della sua vita, momenti che abbiamo ricostruito anche grazie alle vostre segnalazioni, che ci avete fatto pervenire, con la speranza di raggiungere più persone possibili ed incrementare ancora di più le informazioni utili” comunica la famiglia Murgia. Un nuovo appello viene lanciato fai familiari della giovane ragazza, trovata morta a 16 anni in fondo a un canyon a Tuvixeddu. “Manuela esce di casa il 4 febbraio del 1995 intorno alle 12. Non sarebbe dovuta uscire la mattina, non era solita uscire senza avvisare i genitori! Quella mattina, dopo una misteriosa chiamata esce di casa, per non farne più ritorno. Viene vista salire in un’auto. Purtroppo, il suo corpo viene ritrovato senza vita il 5 febbraio, nel Canyon di Tuvixeddu. Quest’ultimo era assolutamente un luogo sconosciuto da Manuela, che non usciva da casa e frequentava solo i dintorni del quartiere. Siamo qui a cercare aiuto: da chiunque abbia notizie di lei, dei suoi ultimi giorni, qualcuno a cui Manuela potesse aver raccontato cosa le stesse accadendo.
Ma soprattutto, chi possa averla vista con qualcuno quella mattina. Qualsiasi vosa sappiate per noi è importante, potete farlo in anonimato all’indirizzo di posta elettronica”. Una morte misteriosa, “Manuela non si è gettata nel vuoto, sui suoi poveri resti vi erano evidenti segni di percosse e violenze brutali, i segni lasciati sul collo ne sono la prova”. Si tratterebbe di “segni causati da una manovra meccanica atta a far perdere i sensi alla povera Manuela. Il suo corpo è pieno di segni e graffi non riconducibili alla caduta. Lo certificano le perizie effettuate dai nostri periti di parte. È ora di smettere di insinuare che si possa essere tolta la vita o sia caduta da oltre trenta metri. Vi è stata una brutale aggressione fisica, dopo di che si è simulato maldestramente il suicidio”. Il fratello, le due sorelle e la madre di Manuela Murgia non credono al suicidio o alla disgrazia, e lo fanno capire chiaramente. Solo dopo 28 anni “siamo riusciti ad entrare in possesso dei fascicoli delle indagini e autopsia, sottoposte a tre team differenti di medici criminologi che hanno confermato l’omicidio”. La tenacia di una famiglia che non si arrende per rendere giustizia alla giovane ragazza scomparsa troppo presto: gli appelli, quindi, proseguono, al fine di scoprire cosa accadde realmente quel maledetto 4 febbraio.
(Ha collaborato: Paolo Rapeanu)









