Il virus c’è, nella casa di riposo del Getsemani di via Cadello a Cagliari. Decine di positivi, tra ospiti e personale. E qualcuno, purtroppo, non ce l’ha fatta. Laura Mulas, ospite della struttura sin dal 2016, se n’è andata lo scorso tre novembre. Aveva novantuno anni. Il suo cuore ha cessato di battere al Santissima Trinità, dov’era ricoverata sin dal 27 ottobre. “É risultata positiva quando era ancora nella casa di riposo. Il 14 ottobre ha iniziato a sentirsi male: febbre e vomiti, è rimasta a letto quattro giorni. Almeno sino a pochi mesi fa stava bene, ci sentivamo ogni giorno e, nonostante l’età avanzata, era tranquilla: era molto depressa e non vedeva bene, ma nessun altro problema”. Così esordisce la figlia, Rita Corrias, che spiega di aver avuto tutte le informazioni sullo stato di salute della madre “dalle suore e dalle infermiere della struttura”. Il martedì successivo arriva l’esito del primo tampone: “L’aveva disposto la dottoressa dell’istituto: positivo. Mia mamma peggiora, il 27 ottobre la portano con l’ambulanza all’ospedale Marino e, dopo il nuovo tampone positivo, la ricoverano al Santissima Trinità, nel reparto di Medicina”. Lì, i medici scoprono “una grave infezione ai reni e una setticemia al trenta per cento. Mamma ha avuto anche uno scompenso cardiaco”. È il 28 ottobre. Sei giorni più tardi, “il 3 novembre ,alle 15:20, è morta”.
“Il virus si è portato via mia mamma in venti giorni, è stato il colpo di grazia”, racconta, singhiozzando, Rita Corrias. “Da mesi la potevo vedere solo attraverso il cancello, una volta al mese andavo per saldare il fisso mensile, sempre mantenendone giuste distanze. Mi ha lasciato ‘da lontano’, ho saputo dei suoi peggioramenti sempre a distanza: è un dolore immenso, soprattutto se penso al fatto che era positiva al Coronavirus e che se l’è preso in una struttura chiusa e con gli accessi limitati”.









