Cagliari, la denuncia: “Mia figlia con la febbre buttata su due sedie al Brotzu in attesa del tampone”

Febbre a 39,4 e mal di gola per un’infezione alla milza. Per una giovane, però, l’attesa in ospedale si trasforma in un’odissea. La madre, Angelica T.: “Non siamo vaccinate, l’infermiera ci voleva far attendere fuori, al freddo. Dopo due ore e mezza il risultato, niente Covid e codice giallo: ho dovuto fare distendere mia figlia su due sedie”


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Ha portato la figlia di 14 anni al pronto soccorso del più grande ospedale della Sardegna, il Brotzu, perché aveva “febbre alta, occhi gonfi, mal di gola e fortissimi dolori muscolari”. Conseguenza, a quanto pare, di una infezione alla milza diagnosticata dagli stessi medici il due dicembre. Ma per la giovanissima e la madre, Angelica T., 34 anni, la serata di ieri, già difficile, si è trasformata in un’odissea. La donna ha scritto una email dettagliata, con tanto di foto, all’Ufficio relazioni con il pubblico dell’ospedale. Un’attesa molto lunga, un risultato del tampone arrivato solo dopo ore e il rischio di trascorrere l’attesa al gelo pungente, di una sera di dicembre, tra il gazebo e le sedie esterne del pronto soccorso. Solo grazie alle lamentele della donna, sono state fatte entrare nel pronto soccorso. Poi, l’esito del test, fortunatamente negativo, il codice giallo assegnato alla giovane e l’esito della visita: sospetta mononucleosi. Ecco, di seguito, alcuni stralci della email di denuncia spedita dalla trentaquattrenne.

 

 

“Martedì 7 dicembre alle ore 20:21 mi reco al pronto soccorso dell’ospedale Brotzu con mia figlia di 14 anni. Il 2 dicembre, sempre nello stesso ospedale, le era stata diagnosticata un infezione alla milza andata poi a peggiorare con nuovi sintomi. Febbre alta, occhi gonfi, mal di gola e fortissimi dolori muscolari. Presento così il foglio medico rilasciato precedentemente al triage, dove l’infermiera di turno, dopo aver misurato la temperatura a mia figlia (39,4) ci ha ‘invitate’ ad uscire e attendere fuori, senza se e senza ma e con tanta strafottenza perché non vaccinate in attesa di essere chiamate poi per il tampone. Ho fatto subito noto che entrambe poco tempo fa avevamo contratto il Covid. Ma il problema non era quello, la ‘preoccupazione’ era il vaccino, me l’avranno chiesto 10 volte in mezz’ora. Discuto animatamente con la stessa perché fuori gelava e non mi sembrava il caso di lasciare mia figlia con la febbre alta sotto un gazebo seduta in una panchina gelata. Solo dopo aver manifestato il mio disappunto davanti ad una prassi così disumana e illegale ci ha fatte rientrare. Tampone e isolamento nello stesso pronto soccorso delineato da un divisore a due metri circa dagli altri pazienti in attesa e un armadietto che bloccava l’entrata di un ingresso di fianco a noi. Mia figlia necessitava di un letto. Mi sono dovuta arrangiare con due sedie per farla distendere. Dopo due ore e mezza circa arriva il risultato, negativo, del tampone e mi comunicano che mia figlia era in codice giallo. Tengo a precisare che una volta entrate il medico di turno e le infermiere sono state tanto amorevoli mostrando grande professionalità medica e umana. Circa l’infermiera del triage credo che si sia commentata da sola. Il vaccino non è un obbligo. E per chi, come me, ha scelto di non farlo e di conseguenza anche ai propri figli ha comunque diritto all’assistenza sanitaria come tutti. Con o senza vaccino. Mi rammarica e preoccupa quanto la sanità pubblica stia gestendo male l’emergenza Covid mettendo noi pazienti in serie difficoltà. Ho passato ore di angoscia perché la situazione e la salute di mia figlia stava peggiorando e nessuno ascoltava i miei richiami”.


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