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Cagliari, il 30% dei negozi non sono sardi: scompaiono i cagliaritani

di alice2
24 Giugno 2017
in cagliari, centro-storico

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Il 30 per cento dei negozi del centro storico di Cagliari in mano a case madri della penisola.

È un cambio epocale quello che sta interessando il centro storico cagliaritano con i negozi delle famiglie storiche di negozianti cagliaritani che ormai sono scomparsi  lasciando il passo alle nuove aperture di ditte griffate della penisola. Le famiglie quindi dei grandi commercianti di un tempo che si chiamavano, Gasparro, Antuofermo, Cariello , De Santis, Bifulco, Prigigallo,  tanto per fare qualche nome, hanno chiuso i battenti sostituiti da negozi che fanno capo a proprietà che stanno nella penisola e che a Cagliari, forse, non sono mai venute ne hanno intenzioni di farlo.

La loro presenza si fa sentire in via Garibaldi, strada considerata strategica perché trait d’union con i nuovi quartieri cagliaritani, ma anche in via Manno e Largo Carlo Felice.

“Questi negozi che chiamiamo direzionali,” Spiega Roberto Bolognese presidente provinciale Confesercenti, “praticamente non hanno il senso di appartenenza al territorio che avevano le famiglie storiche cagliaritane come Castangia, Fozzi, Cariello, e Antuofermo. I nuovi negozi diretti dalla casa madre riguardano ormai, più o meno, il 30 per cento dei 160 punti vendita di via Garibaldi e dei 60 di via Manno. Il rapporto nel negozio tradizionale con i dipendenti per esempio e più familiare, intimo oserei definirlo, mentre nei negozi direzionali il rapporto e asettico fatto di numeri e dove le relazioni interpersonali sono molto flebili”.

Quindi stando a questi numeri i negozi direzionali, solo nelle vie Garibaldi e Manno, che si chiamano tra gli altri, Dev, Zara, Lacoste, Kiko, Benetton, Tzenis, raggiungerebbero quasi le 70 unità. E il trend tra l’altro appare in crescita perché ormai aprire un negozio per un privato cittadino è quasi una follia, considerate la varie problematiche burocratiche e fiscali oltre agli alti canoni dei locali che sono lievitati anche a causa di Imu e Tarsu. Per questo le grandi ditte del Made in Italy, e non solo, hanno gioco facile nell’aprire i loro punti vendita diretti dove il valore aggiunto permette guadagni importanti e dove però tutti i profitti prendono altre strade non rimanendo nell’isola.

“Cagliari non è più una via di transito”ha proseguito Roberto Bolognese, “ma una destinazione turistica e per questo bisogna acquisire il concetto di piazza. In questo momento il 10, ma anche il 20 per cento dei negozi devono cambiare pelle e diventare di somministrazione come bar e ristoranti che permettono alle strade di vivere. Per fare questo bisogna lasciare le vendite tradizionali di calzature o abbigliamento, tanto per fare alcuni esempi, e aprire negozi di nicchia, anche nel campo dei prodotti tipici alimentari, e soprattutto, come detto, di somministrazione.

La strada verso la città turistica è questa.”

 

Tags: Cagliarinegozi
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