Giornalista per mestiere e angelo di tutti per missione, mai un centesimo è entrato nelle tasche di chi ha corso da una parte all’altra della Sardegna per raccogliere e raccontare storie, al limite, di vissuti e situazioni difficili. Con Lai non si è spenta la telecamera, Lecca l’ha tenuta accesa perché in tanti hanno bisogno di un aiuto.
Una mano che va oltre l’obiettivo, quando tutto si spegne inizia la missione più difficile, ossia quella fatta di telefonate, messaggi, ricerche indirizzate a chi, nei piani alti, qualcosa può smuovere.
Nessuna concorrenza, sempre disponibile accoglie telefonate e condivide informazioni. “Fare rete al fine di aiutare chi chiede aiuto”. Ed è così che nella bacheca social scorrono video e immagini, racconti e storie, grida disperate di chi, per mille e più motivi, si rivolge a quella zona dedicata e riservata a tutti.
Tanti i casi risolti, altri in attesa che qualcosa si concretizzi: non esiste un “Lei”, si da del tu come un fratello, un simbolo di fiducia e senso di appartenenza a quella comunità, società che spesso emargina ma, contemporaneamente, nasconde anche il lato buono di un gran cuore sempre pronto a spalancare le porte.
Di recente il caso della giovane Anastasia, la ragazza che lotta per avere il diritto di essere curata nel migliore dei modi: poco più che ventenne, affetta da un disturbo psichiatrico raro, ha bisogno di un percorso specifico per non cadere giù, per l’ennesima volta. Dai video in cui è apparsa in piedi a quelli in rianimazione: accanto a lei sempre la sua mamma, Maria Gabriella, diventata il simbolo di chi lotta e non si arrende e, inconsapevolmente, incoraggia chi ha voglia di mollare, a desistere e continuare a non arrendersi contro le avversità.
Come mamma Olivia, che ha appena perso la sua figlia, in un letto di ospedale, quello della terapia intensiva, e che ha urlato la sua disperazione, giunta sino alla Procura, per far chiarezza sul decesso di Elisabetta. Oppure il racconto di una donna vittima di violenza: ha messo a disposizione la sua testimonianza per raccontare ciò che accade, prima, durante e dopo. Un passo non semplice, anche se opportunamente nascosta, per preservare la sua privacy. Ma la voglia di sensibilizzare è più forte della paura, perché prevenire è meglio che curare. La cronaca non manca a riguardo, la mano di chi ha giurato amore eterno troppo spesso si trasforma e si macchia, di sangue.
Tre, soltanto, tra mille storie per le quali si cerca una soluzione, un lieto fine, che spesso arriva come la solidarietà di decine di migliaia di persone che visualizzano chi parla oltre quello schermo così importante tenuto in mano da chi, per vocazione, continua a correre da una parte all’altra della Sardegna. “Non era previsto tutto questo, non doveva accadere” spiega Lecca, “io sto cercando di arrangiarmi, il mio è un altro lavoro, sto dall’altra parte della telecamera. È veramente complicato fare questo lavoro senza giornalisti, veri, non sono in tanti quelli che ascoltano la gente, che sanno cogliere, soprattutto entrano e non ti fanno più vedere il microfono. Merce rara e Antonello è questo”. Usa il presente perché il loro legame non si è di certo spezzato il giorno in cui lo spirito, sempre vivo del giornalista dalla parte della gente, si è disgiunto dal corpo; la voce apparentemente ferma lascia ben percepire la commozione e il dolore però di non averlo più al suo fianco fisicamente. “Antonello è il punto di vista della gente comune, non credo che andrà mai via dal pensiero delle persone, la sua disponibilità, la sua dolcezza, il suo senso dell’ascolto. Sto mettendo tanto impegno per mantenere la parola data a un amico. Di Antonello mi manca tutto”.










