In dieci alle nove del mattino, in venti nel primo pomeriggio. Troppo pochi per sperare di replicare, anche come durata, quanto avvenuto a marzo, quando erano rimasti dal lunedì al sabato, dormendo dentro i camion e ricevendo un fiume di solidarietà. Stavolta, hanno ricevuto solo tanto caldo e una quasi totale indifferenza da parte dei loro stessi colleghi e del resto della popolazione, gli autotrasportatori in trincea contro il caro benzina e i prezzi da infarto per i viaggi in nave. Dopo non aver potuto urlare tutta la loro rabbia a chi entrava e usciva dal porto e senza la possibilità di creare blocchi o rallentamenti, il presidio che si è formato poco prima dell’alba al porto di Cagliari si è già sciolto: “Torniamo a casa, purtroppo stavolta non abbiamo avuto i numeri dalla nostra parte. Mi sarei aspettato più partecipazione, ma è mancata”, dice Yuri Carta, autotrasportatore di Barrali e iscritto al movimenti degli Autotrasportatori sardi uniti: “Ora possiamo solo sperare che le cose cambino, in meglio”. Cioè, che il Governo accolga le loro richieste: gasolio, professionale, a 1,60 euro al litro, tetto massimo alle tariffe delle navi e la riparazione delle principali arterie sarde. “In caso contrario, l’idea è di protestare, anche facendo blocchi, ad agosto, senza preavviso”.
Dagli Autotrasportatori sardi uniti parla anche Sandro Carboni, camionista di Ottana, tra i delegati della realtà che, nelle prossime ore, sarà costituita ufficialmente: “Stiamo finendo di raccogliere le firme. I ragazzi presenti al porto di Cagliari hanno smontato dopo un giorno, la nostra voleva essere un’azione dimostrativa. Speriamo che, entro l’estate, tutta la nostra situazione possa migliorare. Ci siamo incontrati, qualche giorno fa, con il prefett, ha mandato le nostre richieste a Roma. Dev’essere e può essere solo il Governo a compiere degli atti concreti per farci tornare a lavorare serenamente e non più in perdita”.











