Sono 3.623 i laboratori e le botteghe artigiane sarde dell’agroalimentare che nelle prossime festività, con acquisti diretti
e on line, proporranno a circa 140mila famiglie isolane, pane, pasta, dolci, vini, birre, carni, formaggi, pesce e conserve per soddisfare ogni tipo di richiesta e palato, garantendo qualità, gusto, tradizione e genuinità.
“Sulle tavole e sotto l’albero, anche quest’anno, fate trovare i prodotti agroalimentari artigianali della Sardegna: sono tipici della nostra isola, buoni e soprattutto genuini. Ma attenzione che siano realmente realizzati nella nostra terra, con ingredienti semplici e naturali”.
Con questa frase, Stefano Mameli, Segretario di Confartigianato Imprese Sardegna, invita i consumatori a scegliere prodotti
enogastronomici tradizionali e genuini, evitando l’acquisto di quelli di imitazione o di scarsa qualità.
“In un periodo come il Natale – riprende Mameli – anche se in un momento economicamente difficile, è importante affidarsi alla tradizione e alla qualità che possono garantire i nostri straordinari artigiani dell’alimentazione e della ristorazione”. “Anche un solo acquisto di questo genere – sottolinea il Segretario – è un “piccolo valore” che può contribuire a dare ulteriore forza a un comparto che è tra i pochi a resistere alla crisi garantendo occupazione e lavoro a decine di migliaia di lavoratori sardi”.
L’Associazione Artigiana, così, rilancia l’idea di un Natale all’insegna della tradizione e della genuinità alimentare isolana,
ribadendo la necessità di marchi di qualità e disciplinari per le produzioni artigianali e ponendo l’accento sulla questione della commercializzazione e dell’acquisto dei prodotti di imitazione o di qualità non eccelsa.
“Non è una novità che sul mercato vengano immessi in maniera sempre più preoccupante i cosiddetti “cibi-fotocopia” ma i consumatori, in questi ultimi anni, sono sicuramente più attenti nello scegliere gli alimenti tradizionali sardi quali formaggi, salumi, pane, pasta, i dolci, vini e liquori, anche se nei negozi cresce il panorama dei prodotti “simil-Sardegna””.
Ma le circa 140mila famiglie sarde che, secondo una recente indagine dell’Ufficio Studi di Confartigianato, hanno intenzione di consumare prodotti tradizionali, staranno ben alla larga dall’ampio elenco di prodotti “sardinian fake food”, veri e propri “inganni culinari”, in cui prodotti di evidente importazione vengono spacciati come “originali sardi” come i malloreddus multinazionali, i maialetti olandesi, l’olio ottenuto da olive greche e tunisine, le salsicce “tipo sardo” confezionate in altre regioni d’Italia, le sebadas slovacche o il liquore di mirto ottenuto da bacche della Slovenia.
“Siamo certi che le Panadas di Oschiri, il formaggio Greviera di
Ozieri, l’Aranzada di Nuoro, i Culurgionis ogliastrini, la Birra di
Tertenia, il vino di Sorso, le Tiliccas della Gallura, i Mostaccioli
di Oristano, il Torrone di Tonara o l’olio di Gonnosfanadiga –
riprende Mameli – non temano confronti dal punto di vista qualitativo
perché crediamo che il loro sapore, profumo e gusto non siano
riproducibili artificiosamente”.
Infatti, in tanti fuori dall’Isola provano a “copiare” l’eccellente
qualità, i profumi e i sapori che, per esempio, si possono trovare nei
dolci che vengono ancora preparati in laboratori artigianali, con la
più antica tradizione casalinga dell’isola, preziosa per la genuinità
e semplicità dei suoi ingredienti base, sempre quelli da centinaia
d’anni: uova, zucchero, farina, miele, mandorle, buccia di limone o
arancia, mosto di vino cotto o pecorino freschissimo. Stesso discorso
anche per la produzione delle paste fresche e ripiene, ancora oggi
vengono prodotte con elementi naturali come la semola, l’acqua, le
uova, o per i formaggi freschi, che non hanno ne’ additivi chimici,
ne’ conservanti.
Delle oltre 3.600 imprese attive nell’artigianato alimentare nella
regione, secondo i dati dell’Osservatorio di Confartigianato Sardegna
per le MPMI riportati nel dossier “Food economy e l’artigianato
alimentare nell’Isola”, 1.427 sono pasticcerie, panifici e gelaterie,
1.648 sono attive nei servizi da asporto, 224 sono pastifici, 51 sono
attive nella lavorazione e trasformazione della carne, 51 nel lattiero
caseario, 43 nell’ambito delle spezie e condimenti, 41 nella
produzione di oli e grassi vegetali e animali, 26 nella lavorazione e
conservazione di frutta, ortaggi e pesce, 37 nell’ambito dei vini,
birre e distillati vari, 33 nella lavorazione delle granaglie e altre
42 in altre produzioni, attività che nel primo semestre 2017 hanno
esportato 86milioni di euro di valore, di cui 73 per i prodotti
alimentari e 12 di bevande. A livello provinciale, a Cagliari ci sono
1.508 imprese, a Sassari-Gallura 1.107, a Nuoro 721 e a Oristano 287.
Negli ultimi dodici mesi (settembre 2016 – agosto 2017), a livello
nazionale, le vendite all’estero di “Torte, pane con uva passa,
panettoni, panettone di Natale, cornetti e altri prodotti dolci della
panetteria, della pasticceria o della biscotteria”, compresi i dolci
da ricorrenza, hanno registrato un incremento tendenziale del 5,8%,
combinazione di una crescita del 5,0% sui mercati dell’Unione europea
e dell’8,6% per i mercati extra Ue; tra i principali mercati aumenti a
doppia cifra per Stati Uniti (+31,4%), Belgio (+24,2%), Polonia
(+15,1%) e Svizzera (+13,9%).
Ormai le vendite di prodotti agroalimentari vòlano anche on line,
nonostante il settore abbia enormi prospettive di crescita. Nel 2017,
secondo l’analisi dell’Osservatorio eCommerce B2c, il mercato italiano
online food&grocery vale 812 milioni di euro, +37% rispetto al 2016.
Nonostante la crescita sia la più alta tra quelle registrate nei
principali comparti merceologici online (tutti compresi tra +6% e
+27%), questo incide solo per il 4% del mercato eCommerce B2c
italiano, pari complessivamente a 23,1 miliardi di euro. Nel
food&grocery la componente principale, in termini di valore degli
acquisti, è rappresentata dall’Alimentare, con l’87% del comparto, per
un valore di 708 milioni di euro, in crescita del +39% rispetto al
2016. Tra i prodotti più acquistati nell’alimentare, troviamo con il
54% i “secchi” (ossia confezionati, incluso il caffè), con il 31% i
prodotti “freschi” (inclusi il cibo pronto e verdura/frutta), con il
9% le bevande alcoliche (birra, vino, distillati e liquori), con il 5%
le bevande analcoliche (acqua, bibite e succhi) e con l’1% i prodotti
surgelati.
“Infine è doveroso ricordare i 193 prodotti agroalimentari
tradizionali che la Sardegna annovera insieme alle centinaia di
imprese artigiane sarde che si dedicano alle produzioni a marchio
garantito Dop, Igp e Stg – conclude Mameli – numeri che dimostrano
quanto sia forte il collegamento della popolazione sarda con le sue
tradizioni più profonde. Legame che si deve sempre più tradurre in un
sistema integrato e sinergico tra prodotti di qualità, territorio e
percorsi turistici enogastronomici”.













