Un’odissea per chi si reca al Microcitemico di Cagliari per sottoporsi a trasfusione, manca la materia prima che, sempre più spesso, arriva dal continente. Ma non basta per tutti, ed è così che i malati sardi sanno a che ora entrano in ospedale ma non quando potranno far rientro a casa e, soprattutto, se saranno fortunati oppure dovranno rimandare l’appuntamento per ricevere la sacca salva vita.
“Sono uscita di casa alle 9 di mattina e ci ho rimesso piede alle 16.15” racconta una giovane di serramanna. “Aspettare è la parola chiave.
A casa che arrivi la chiamata o dentro l’ospedale, seduta in una poltrona o come oggi su una sedia, in attesa che il sangue arrivi.
Qualcuno è stato più fortunato e ha ricevuto il sangue di buon mattino, ma magari la volta precedente aveva ricevuto solo una sacca o era stato rimandato più volte (nessuno è veramente fortunato insomma). Quello di qualcun’altro era previsto per le 11.30, speranze disattese, ovviamente.
Il mio nome è stato evidenziato in giallo e il giallo corrisponde a “più tardi” quindi io da buona pessimista intravedevo già la possibilità di vedere tramontare il sole.
E invece arriva, in tutto il suo splendore, sento il mio nome, lo vedo, lo hanno in mano per portarlo nella mia stanza …eh un momento…manca per alcuni pazienti. Panico, si inizia a pensare che per qualcuno non arriverà. Ormai mezzogiorno è passato da un po’ e iniziano a essere tutti stanchi, di stare li, di questa incertezza, di tutto.
Il mio sangue viene da Mantova, si è fatto attendere, come una star e come una star è stato accolto.
Però è abbastanza tragico che si aspettino gli arrivi “dal continente”. L’autosufficienza è un miraggio, ma perché non provarci?
Potenziali donatori di fard sardi, mi rivolgo a voi, proviamoci”.









