Ha misurato le distanze tra tutti i tavoli, “da 110 passo a sessanta coperti” ma, soprattutto, ha letto tutte le nuove regole per la ristorazione nella fase due del Coronavirus. E ha deciso di restarsene a casa. Alberto Melis, titolare di un ristorante e un bistrot nel rione cagliaritano della Marina, Antica Cagliari, non ha riacceso i fornelli: “È stato fatto tutto in fretta e furia, i protocolli sulla sicurezza e sull’igiene, per me, non sono totalmente chiari, anzi. Tenere solo un metro di distanza mi avegola ma se, per esempio, una famiglia volesse venire a mangiare in ristorante, come dovrei comportarmi?”, si chiede Melis. “Mi sono fatto il mazzo per tenere in piedi l’attività in questi oltre due mesi di chiusura, non voglio mica riaprire con la fobia fissa di poter prender multe. Non so nemmeno come dovrei utilizzare l’aria condizionata, hanno detto che basta non attivare il ricircolo ma, per capire meglio, devo rivolgermi a un tecnico ingegnere che conosca bene la materia”.
“È la Regione che dovrebbe fornirci maggiori indicazioni, avendo recepito i documenti del Governo Conte”, suggerisce Melis, “almeno sino al primo giugno io, mia moglie e la mia trentina di dipendenti che non hanno ancora ricevuto un euro delle casse integrazioni resteremo a casa. E tenere chiuso mi costa, e anche molto: tra affitti, bollette varie, quote fisse del gas e commissioni bancarie ogni mese ho costi pari a cinquemila euro”.










