Un nuovo modello di accoglienza in Sardegna, ma anche un no al nuovo centro migranti di Iglesias in questa situazione. Lettera aperta firmata dal presidente dell’Anci Emiliano Deiana, da Massimo Zedda sindaco di Cagliari e della Città metropolitana e da Andrea Soddu, sindaco di Nuoro e presidente del Consiglio delle autonomie: “Vi scriviamo a margine della Conferenza Regione – Enti Locali tenutasi a Cagliari il 16 maggio u.s. avente ad oggetto l’ipotesi di attivazione di un CPR per migranti da parte del Governo in Sardegna. I sottoscritti, in maniera inedita per il sistema delle autonomie locali della Sardegna, sono impegnati fin dall’inizio dei rispettivi mandati a promuovere con azioni concrete l’adesione a un modello diffuso nel territorio di microaccoglienza per i migranti poiché questo è l’unico modello realmente sostenibile per una terra come la nostra scarsamente popolata, in una crisi economica e sociale che appare senza fine, con una popolazione sempre più anziana e a tratti indifesa. Noi riteniamo, nei fatti, che si possa creare un “modello sardo” di accoglienza che preveda pochi numeri e diffusi nel territorio anche rispettando i parametri dettati dalle norme nazionali secondo un principio di “vasi comunicanti” fra prima e seconda accoglienza ovvero fra lo sbarco e la concessione dei diritti di asilo. Durante pubbliche assemblee, dibattiti, incontri nelle parrocchie, prese di posizione sui media stiamo sostenendo queste posizioni che non sono nè popolari nè “comode”; abbiamo proposto una politica dell’ascolto, di accompagnamento delle amministrazioni e delle comunità per la gestione di un fenomeno difficile e inedito come quello migratorio. Combattiamo con forza contro gli “scivolamenti” di chiusura, di isolazionismo che talvolta – e sempre più spesso – si trasformano in istinti razzistici e segregazionisti. 2 Le migrazioni sono un fenomeno che è sempre esistito nella Storia umana e con cui, a leggere le analisi geopolitiche e socioeconomiche, dovremo fare i conti per molti anni ancora.
In Sardegna, purtroppo, il dovere dell’accoglienza a cui non ci siamo sottratti nè ci sottrarremo, cozza in maniera drammatica con una crisi economica e sociale che dura dal 2008, con tassi di disoccupazione giovanile inaccettabili, con la ripresa dell’emigrazione dei nostri giovani. La frase che ci viene rivolta sempre durante le assemblee anche da chi, evidentemente, non ha sentimenti di avversione per i migranti è la seguente: “va bene l’accoglienza. Va bene l’integrazione di questi nuovi poveri, ma ai nostri ragazzi, ai nostri figli chi ci pensa?”. Ed è difficile non solo dare una risposta, ma anche spiegare (e spiegarsi) il senso vero e profondo del dovere dell’accoglienza. Noi, Presidente e Assessore, vi chiediamo un impegno vero, concreto e misurabile per evitare ciò che di più drammatico possiamo alimentare anche in maniera inconsapevole: la guerra fra poveri. Fra chi è povero e sfugge da fame e guerre e chi è povero qui perché non ha opportunità di vita, di relazione, di lavoro. Vi chiediamo di studiare un meccanismo di premialità su tutte le politiche di contrasto alle povertà e all’emarginazione, sugli interventi nei cantieri occupazione che chiediamo vengano rilanciati a favore dei giovani sardi residenti nelle comunità che si impegnano nell’accoglienza dei migranti. Vi chiediamo interventi che abbiano un respiro almeno triennale perché c’è bisogno di tempo e non bisogna declinare le politiche di accoglienza sempre e solo sul lato emergenziale. L’accoglienza non deve essere solo un afflato morale; deve avere una forma misurabile di nuove e positive occasioni per le comunità accoglienti. In Conferenza abbiamo ribadito che i CPR si innestano – per quanto riguarda la Sardegna – in un quadro complicato sul quale pesano come macigni vecchie e nuove servitù sulle quali vi preghiamo di spiegare per bene al Ministro e al Governo l’incidenza sulla Sardegna: servitù militari, servitù “ambientali”, servitù carceriarie ecc.. Il CPR in via di definizione si innesterebbe in un quadro già pesantissimo per la Sardegna e sarebbe un appesantimento ulteriore che vi chiediamo, insieme al Governo, di valutare in termini critici così come vi preghiamo di valutare 3 attentamente il messaggio negativo che si lancerebbe alla pubblica opinione (che soffre di una realtà difficile come quella descritta e di un’attività incessante di propaganda anti-migranti) nell’utilizzo di beni dismessi dallo Stato e che non sono mai tornati a servizio delle comunità nelle quali sono sorti.
Il ragionamento dell’uomo comune è semplice: “oggi ci dicono che ci sarà un CPR da 100 posti: ma chi dice che a una nuova emergenza non ne facciano un altro? O che i posti passino da 100 a 500?” e visti i “precedenti” per la Sardegna un ragionamento così logico non appare essere fuori dalle cose possibili. Noi chiediamo allo Stato di fare lo Stato; al Governo di fare il Governo. Se il problema della Sardegna sono gli sbarchi diretti dall’Algeria si blocchino quegli sbarchi in un confronto serrato con quel Governo. Se il problema è la mancanza di forze di polizia in Sardegna per procedere alle “traduzioni” per i rimpatri forse sarebbe più logico – in luogo di un CPR – rafforzare gli organici e snellire le procedure relative agli allontanamenti e alle espulsioni. Vi chiediamo infine due cose ulteriori: a) di attivare un percorso di conoscenza presso ogni comunità sarda del fenomeno migratorio per annullare propagande che hanno finalità razziste; b) di farvi promotori presso il Governo, il Parlamento, l’Anac perché ci sia massima trasparenza nella gestione del fenomeno. I cittadini sardi hanno il diritto di sapere come vengono spesi i loro soldi nel sistema dell’accoglienza e dell’integrazione. Abbiamo già detto e lo ribadiamo che il sistema delle autonomie locali, sui bandi Sprar, vuole dare vita insieme alla Regione e attraverso l’Anac a un protocollo di legalità e di trasparenza ferreo al quale uniformarsi. Vi chiediamo di farvi promotori presso la Commissione Parlamentare Antimafia di controlli capillari sulla gestione del fenomeno migratorio in Sardegna perché su questa materia nulla va lasciato al caso”.