Ha ricevuto la lettera del ministero dell’Istruzione tramite la sua dirigente scolastica: “C’è la possibilità di fare il test sierologico per Coronavirus”. E lui, Valerio C, insegnante 53enne in una scuola media di Cagliari, ha risposto “sì”. Ma tra il dire e il fare si è accorto che, di mezzo, c’è un mare di “non posso” e “non sappiamo”. Il professore ha girato per medici e ospedali, negli ultimi due giorni, non riuscendo a cavare un ragno dal buco: “A oggi, è stato impossibile avere la certezza di poter eseguire il test”. Come mai? “Il mio medico ha deciso di non aderire, suggerendomi di rivolgermi al Binaghi. Sono andato sin lì e mi hanno indirizzato al Santissima Trinità”. Una volta arrivato nel Covid Hospital cagliaritano, per il cinquantatreenne la musica non è cambiata: “Hanno detto che non se ne stanno occupando”. Risultato: “A poco più di due settimane dall’inizio delle lezioni non so che pesci pigliare”.
È un test, utile ricordarlo un’altra volta, su base volontaria, il sierologico per Coronavirus: “E il mio ministero mi ha dato l’opportunità di poterlo fare, aver accettato è una mia libertà e un mio diritto. Voglio essere tranquillo anche sul mio posto di lavoro”, osserva Valerio C., “da quello che ho capito, poi, per gli alunni ci sono altre procedure. Non voglio andare in un centro privato e pagare. Tra due settimane e mezzo inizieranno le lezioni, anche altri miei colleghi non sanno minimamente cosa fare”.










