E’ morto il mito. E ora il cuore dei cagliaritani piange di dolore. Con la scomparsa di Gigi Riva sparisce un pezzo della città. Lo storico numero 11 rossoblù, che conquistò a suon di gol lo storico scudetto del 1970, ha scritto una delle pagine più belle delle storia del capoluogo. Non bastarono nemmeno i soldi di Agnelli. Nulla riuscirà a strapparlo da quell’Isola che l’ha fatto diventare, uomo, campione e leggenda.
Nato a Leggiuno, in provincia di Varese, il 7 novembre del 1944, Luigi Riva ebbe un’infanzia tristissima: perse prima il padre per un incidente sul lavoro e poi la madre per un tumore. Fu accudito dalla sorella maggiore Fausta e trascorse momenti di sofferenza in collegio. Le uniche gioie gliele diede il pallone. Si affermò subito come calciatore di talento.
Aveva solo 19 anni quando arrivò a Cagliari. L’amore sbocciò pian piano a suon di gol. Con lui i rossoblù conquistarono per la prima volta nella storia la serie A. “Rombo di tuono”, come lo appellò Gianni Brera, quando ormai il numero 11 del Cagliari diventerà uno dei protagonisti del calcio italiano, su il protagonista di un clamoroso scudetto del 1970: un miracolo sportivo. Travolgente anche la carriera in azzurro: con 35 gol in gare ufficiali Riva è ancora oggi il capocannoniere della nazionale italiana. E solo gli infortuni freneranno la carriera del bomber, costretto al ritiro nel 1976.
Tra Riva e la città il legame divenne indissolubile. E continuerà a vivere in città coi propri figli. “Gigi”, sardo per scelta, condivise i valori identitari e umani della Sardegna. Un grande campione. Esempio di lealtà sportiva, testimone del calcio di come il calcio giocato possa costituire une esempio dei valori che sono determinanti nel rendere un eccellente giocatore anche un grande uomo.









