Una settimana fa, l’orrore. In quella casa teatro di un delitto crudele, cattivo, inspiegabile. Trenta coltellate, ovunque, al ventre quelle mortali, mentre Chiara cercava disperatamente di difendersi, come dimostrano le ferite a mani e braccia. E non solo: per tenerla ferma, per poter meglio colpirla, Monica Vinci, 52 anni, la teneva stretta e ferma con un cavetto di ricarica del cellulare intorno al collo. Giovedì i funerali, strazianti, con la partecipazione di tutta la città, ancora incredula e sotto choc per una tragedia senza senso e senza un perché. Oristano, a sette giorni da quel delitto, è una città ancora sotto choc, che cerca di rimettere insieme i pezzi e di aiutare papà Piero, distrutto dal dolore.
Sul fronte delle indagini, non ci sono novità. I magistrati hanno provato a interrogare Monica Vinci, ricoverata in stato di arresto nel reparto di Psichiatria del San Martino di Oristano, ma lei non ha detto una parola. Si attende ora che le sue condizioni migliorino e che venga trasferita in carcere a Uta per sentire la sua versione dei fatti, sempre che ne abbia una.
Nel 2015 Monica Vinci fu sottoposta a un tso, un trattamento sanitario obbligatorio, ma subito dopo fu dichiarata in grado di badare a sua figlia. A marzo Chiara Carta avrebbe compiuto 14 anni e avrebbe potuto scegliere se continuare a vivere con la madre, con la quale vicini e parenti raccontano di un rapporto conflittuale, oppure con il padre, che aveva già in passato chiesto l’affidamento.










