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Chiamarli Vigilantes non li fa sentire più importanti, definirli g.p.g. (guardie particolari giurate) ha più senso: è l’inquadramento che hanno come da disposizione prefettizia. Sono loro i cosiddetti “invisibili”, gli angeli della notte, (armati), a bordo delle auto-pattuglie di servizio, collegate via radio con la centrale operativa: controllano negozi, banche, uffici e depositi in luoghi anche periferici della città e nell’hinterland. A Cagliari, ci sono almeno una decina tra istituti e società di vigilanza che effettuano questa tipologia di servizio. Il rischio è alto, “ma lo stipendio, quello quando c’è, ci fa andare avanti, ma dimenticatevi la vita sociale, spesso è difficile averne una come si deve”.
Oggi raccontiamo la storia di Francesco G. (nome di fantasia, inventato, per la privacy, “non mettetemi nei casini, ho famiglia e si sa che a volte siamo sottovalutati da chi comanda, anche tra le Istituzioni”), di autentico c’è che ha 43 anni, è sposato, ha due figli (maschietto di 12 e la ragazza, studentessa universitaria ne ha 25), abita in una casa in affitto, in provincia di Cagliari. La moglie non lavora, casalinga, fa volontariato tra i disabili: ed è lui stesso a raccontarci quel che vive quasi ogni giorno, di notte, in divisa, solo in macchina e almeno una ventina tra utenze da “visitare” (cosi si chiamano i clienti che pagano la vigilanza mensilmente per la ronda o per il pronto intervento su allarme). Stipendio? Quando va tutto bene, (senza ritardi), dai mille in su ma non oltre i 1400 euro, tra piantonamenti fissi e altri indennizzi.
LA RONDA. Non possiamo salire nella macchina di servizio con lui (“chiedete autorizzazione in ufficio, ma non credo, tra privacy e questioni di sicurezza sarà difficile)” : così è lui stesso che nel pomeriggio, sveglio da due ore circa, un pranzo veloce, è pronto a parlarci del suo lavoro, dopo il turno appena terminato: «Anche oggi è andata, dai. La ronda in vigilanza – racconta Francesco G. – comincia alle 22, poi alle 06.00 in teoria dovresti aver già terminato il giro delle utenze. Solitamente è buona regola arrivare almeno un quarto d’ora in ufficio, prendiamo la “torcia”, la foglina dei passaggi, mazzo di chiavi a “tippu san pietro” e si esce. Ogni pattuglia ha una sua zona, ogni macchina percorre all’incirca 200 e passa chilometri al dì, devi segnarti tutto, nel “diario di bordo”, perché è capitato che qualche collega si “fermava” a riposare in strada e se la macchina non fa quei chilometri sicuramente in certe serrande neanche ci sei passato e non va assolutamente bene. Poi ci sono le “punzonature”, significa che i clienti ti chiedono tassativamente e pagano per farti passare 3 o 4 volte nella notte, invece i passaggi occasionali sono 1 o 2 e via così. Tra le cose più belle? Non trovi traffico, di notte è un paradiso, d’estate è “micidiale” il fresco, la città è popolata ma d’inverno “unu friusu, pioggia e vento ti devastano”. Poi, nessuno se la sente più di fare l’eroe: lo sapete che quando arriviamo in zone “brutte” a controllare capannoni e magazzini, dobbiamo fare “casino”: in che modo? Scendi dalla pattuglia, apri la catena e il lucchetto e li sbatti forte nel cancello, ti fai sentire insomma. Se dentro ci “funti”, allora sì che ti sentono e magari scappano, se sei fortunato. Non ho voglia di tirare fuori la pistola, solo per casi limite, allora entriamo dentro, con gli abbaglianti illuminiamo quasi a giorno, si mettono i bigliettini, si punzona, si gira il perimetro e tiri un sospiro di sollievo. “Saluti la telecamera che ti inquadra …E’ “tottu appostu”, chiudi e smarchi il passaggio e via da un’altra utenza».
LA PATTUGLIA. La vigilanza privata armata spesso viaggia con un operatore a bordo, secondo la Prefettura di fatto dovrebbero essere in due, soprattutto nelle zone ad alto rischio di rapine e furti. Poi, c’è l’affiatamento con le forze dell’ordine, anche loro in effetti sono “compagni di viaggio e di lavoro”:«Alcune volte ci si ferma pochi minuti a parlare con loro – racconta il vigilantes – ma davvero poco, tempo di una sigaretta, si parla del più e del meno o se ci sono “casini in zona”, quasi mai, solo un colpo di clacson mentre li incroci; a volte ci sono gli zingari che fanno danni anche alle utenze, ma spesso e volentieri ci spaventano chi arriva da fuori: usano fuoristrada, spaccano vetrine, l’allarme suona e tu devi “volare” , magari tutt’altra parte della città, ma non puoi esser un super eroe, ne passare col rosso o fare chissà che. Arrivi sul posto, spesso ce la fai e scappano, ma se hai dubbi che siano dentro aspetti polizia e carabinieri. E li si complicano le cose, hai la ronda da finire, gli altri colleghi ti “aggiuranta” ma è tosta, credetemi. La cosa più brutta? Quando in “foglina hai le zone industriali, hai fisso adrenalina”, ma devi farle. Oggi ci sono telecamere e allarmi che “ti aiutano”, ma la rapina è sempre dietro l’angolo. Il Bello?…alle 06.30 se tutto va bene rientri alla base, firmi e consegni il “giro” fatto. Saluti e via a casa, non sei ne carne e ne pesce. E’ ancora buio e allora buonanotte e a domani, che sia un altro giorno di lavoro, tranquillo come quello del giorno prima». (Alessandro Congia Castedduonline.it)