L’estate è dietro l’angolo, la paura di un “bis” del 2020 con pochissimi turisti e una Sardegna indicata da tanti come “terra di untori” porta la Regione a indicare nel certificato di negatività al Coronavirus la strada principale da seguire. Non solo per i vacanzieri, ma per chiunque voglia sbarcare nell’Isola. La proposta di Christian Solinas trova piena conferma nell’assessore regionale del Turismo Gianni Chessa: “Dovrà essere così in tutta Europa. Venti giorni fa sono stato fuori dall’Italia e ho pagato 110 euro per due test. Il primo l’ho fatto per poter anche entrare nell’hotel, il secondo al momento della ripartenza. Non vedo dove sia il problema, oggi ci sono tanti laboratori che fanno test rapidi a pagamento. Tutti lo devono fare almeno 48 ore prima di salire su nave o aereo diretti in Sardegna”, spiega Chessa. Che suggerisce a Solinas di chiedere, in modo netto e chiaro, in conferenza Stato-Regioni, “una legge unica nazionale che obblighi chi viaggia a fare sempre, prima, i test. Porti e aeroporti non possono fare tamponi a tutti i passeggeri in arrivo, non vogliamo che si ripetano le scene della scorsa estate con la Sardegna vergognosamente additata come terra di untori”.
Il piano è semplice e lineare: “Test rapido o tampone a pagamento fatto prima, sennò obbligo di quarantena. Ma, a quel punto, non sarebbe più una vacanza”, osserva Gianni Chessa, “chi vuole venire venga, ma col certificato, fanno così pure in Africa. Vogliamo avere turisti, non disdette. Usciremo dal Covid prima di tutti, abbiamo già numeri da zona bianca. Non possiamo finirla a barzelletta come l’anno scorso, vogliamo regole chiare: chi viene qui, viene sano e riparte più sano”.










