L’estate 2020, in Sardegna, si fa sempre più incerta alla voce “turismo”. I vacanzieri? A oggi, la quota di prenotazioni non è neanche lontanamente paragonabile a quella dell’anno scorso. Ovvio, c’è stata l’emergenza Coronavirus. Meglio, c’è ancora, seppur nella forma più “lieve” della fase due. E gli albergatori sardi sono disperati. Davide Collu, 63 anni, è il titolare del T Hotel di Cagliari. Duecentosette camere che attendono di essere riempite per la maggior parte, possibilmente, da turisti. Impresa ardua: “Da qualche giorno abbiamo visto un lieve miglioramento, prima la curva era piatta, il mercato è andato completamente perso. Nell’immaginario collettivo c’è ancora il sentimento della preoccupazione, la vacanza al mare o al sole non è la prima cosa che viene in mente, da qualche giorno registrato minimo di interesse in più, sia attraverso i portali di intermediazione che sui nostri canali, tra telefonate e richieste”, osserva Collu. Ma il mercato, comunque, “è scomparso, si sta ricreando ma è chiaro che sono stati persi tutti i mesi per dare lo slancio al periodo estivo”, e il riferimento è alle “prevendite”. Addio anche alla “migliore stagione congressuale, va dalla primavera all’inizio dell’estate, non abbiamo ancora chiarezza su come e se riprenderanno a organizzare eventi”. Insomma, oltre alle camere, anche le sale sono vuote.
Le prenotazioni anticipate, come detto, “sono morte, vanno ricostruite, ma servono certezze e regole chiare. L’estate è già iniziata e il mercato e fermo”. E senza clienti, anche le decine di lavoratori dell’albergo a forma di matita sono a casa: “Dai primi di marzo in 90 sono in cassa integrazione col fondo integrativo salariale, man mano li stiamo richiamando al lavoro ma prima di tornare alla piena occupazione ci vorrà del tempo, prima bisogna ridare sicurezza ai mercati per rigenerare la domanda, al momento molto fiacca”. Collu teme che il settore alberghiero sia “tra le ultime realtà a riprendere il vigore necessario. Sarà un’estate possibile, tra sicurezza e divertimento, stiamo imparando a convivere con nuove regole e modi di socializzare, siamo altrettanto però consapevoli che è necessario che scompaia il pericolo della contaminazione, che si riduca a numeri infinitesimali, solo così si creerà quell’immaginario collettivo che consentirà ai viaggiatori di viaggiare”. C’è spazio per un “rimprovero” alla Regione, “ancora adesso non è chiarissimo cosa fare, è difficile l’autocertificazione da produrre e non viene nemmeno ritirata, un ospite dell’albergo l’ha compilata ma nessuno, poi, gliel’ha presa”. Aiuti economici? Indispensabili: “Ne abbiamo bisogno, per riposizionarci servirà un percorso di tre anni”. A chi chiedere fondi? “Il Governo li ha promessi, a livello regionale serve la massima attenzione vista la vocazione turistica. La Regione deve comunicare all’esterno che la Sardegna fruibile e deve smetterla con comunicati simili a bollettini di guerra, passaporti e autocertificazioni non aiutano la ricrescita della domanda turistica, ancora dormiente”.










